Mina Fan Club

In un Paese come il nostro in cui si contano almeno una quarantina di milioni di aspiranti commissari tecnici della Nazionale di calcio e altrettanti potenziali Presidenti del Consiglio, perché stupirsi che anche la Mina abbia le sue brave migliaia e migliaia di sedicenti direttori artistici sempre in vena di darle consigli – e, talvolta, veri e propri ordini perentori – su che cosa debba cantare? Di questa diffusa mania si accorse anche, una decina di anni fa, l’allora moderatore della compianta Bacheca del sito mazziniano Luigi Nava, traendone ispirazione per uno dei suoi scritti più memorabili e spiritosi…

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di Luigi Nava

Io credo che a questo punto si stia superando ogni limite. “Mina dovrebbe… “. Meno male che c’è il gentilissimo condizionale a limitare la perentorietà dei consigli. O meglio dei doveri. Decido di intervenire perché ormai il vezzo è dilagante. Dovrebbe, deve, sarebbe meglio che, bisogna che, forme imperative, forme impositive, perifrastiche passive del dovere, consigli e consiglietti, comandi e comandini, suggerimenti da amici, da fan, da consiglieri, da esperti, da periti ed informati.

Non ho tentuto il conto (e come sarebbe stato possibile?). Ma se Mina prendesse in considerazione tutti i consigli che da più di un anno le vengono dati in bacheca, potrebbe anche ricavarsi una stanzuccia negli studi di registrazione di Lugano. Installa una brandina e si rinchiude lì fino alla fine dei suoi giorni. E vai con le incisioni. Il povero Carmine Di con le occhiaie profonde come la Fossa delle Marianne, è ormai lì, incollato e chino sul mixer giorno e notte. La moglie lo chiama al cellulare: “Ma anche stanotte mi lasci sola?”. “E come faccio a tornare a casa? La Mina non la smette più di cantare … Ha una lista di pezzi che va da qui a Bellinzona, o a Piacenza, se la guardiamo da nord a sud. Mi spiace, penso che ci vedremo il Natale prossimo …”

Gli strumentisti sono all’esaurimento. Hanno dovuto annullare tutti gli impegni di tourneés varie con gli altri cantanti. Braido non va più a far concerti con Baglioni. Moriconi ha disdetto tutte le sue serate. Rea è esausto: ha le mani che non girano più e Mina ha dovuto chiamare il redivivo Sellani per dare a Danilo due ore di tregua.

La povera Catherine della GSU è a tempo pieno negli studi. Lei deve sfornare i testi. Ore e ore davanti al computer: scrive i testi, li corregge. Non riesce però a reggere il ritmo della Minona sfornacanzoni. E infatti la Mina sta perdendo la pazienza: “Ma Catherine! Il testo, cazzo!”. E la bionda Cathrine non fa in tempo a mandare in stampa il testo che ha appena finito di trascrivere, che deve iniziare con un altro. E di là dal vetro la Mina lancia urli assatanati: “Il testo! Come faccio a ricordare tutte le parole?!?”

Per non parlare di Massimiliano. Ha inventato tutti gli arrangiamenti possibili. Quelli per le canzoni di Pupo, per quelle di Nilla Pizzi, per la riesecuzione integrale di tutta Mia Martini. Poi, mentre la mamma ha inciso a velocità supersonica tutto Eric Clapton, tutti i Beatles, la Nannini, Ron, De Andrè, quasi tutta la musica spagnola, i classici francesi, Fossati integrale, Jovanotti (ma non i pezzi ideologici: quelli mai!), il buon Max si è messo di buzzo buono a pensare agli arrangiamenti per rifare tutto Gershwin, tutto Bernstein e Glenn Miller. Mica facile! E intanto al telefono sta contattando Calabrese, Mogol e Lele Cerri per chiedere loro di mettere le parole a tutto Rachmaninov, a tutto De Falla, a tutto Mahler. Meno male che per Monteverdi, Palestrina, Bach i testi ci sono già. Ah no: c’è tutta la musica strumentale di Bach che deve essere parolata.

Idea! Si lancia una gara in bacheca: mettete le parole a tutto Mozart. Paolo di Udine fa le sinfonie per pianoforte e orchestra, Mercos fa le sinfonie per violino e orchestra. E gli altri, chi le nove sinfonie di Beethoven, chi tutto Vivaldi, chi tutto Schubert. E intanto la Minona macina canzoni. Ogni tanto dà un’occhiata alla bacheca per controllare che nel frattempo non sia arrivata qualche altra richiesta. Marcello chiede di cantare la ninna nanna che la nonna gli cantava a due anni. “Il testo, cazzo!”. E lui subito le scrive il testo in bacheca. Giovanni da Cagliari si ricorda della musica popolare sarda. E la Minona se le incide in un batter d’occhio. Le parole? Chissenefrega, tanto non si capisce niente lo stesso. E le nenie arabe? E le litanie dei monaci buddisti?

Quando, dopo 15 anni, la Mina pensa di aver terminato l’enciclopedia universale della musica, mi viene in mente che l’altro giorno il postino cantava una melodia strana. Lo dico alla Mina. E lei: “Eh no, Luigi. Non puoi dirmelo adesso. Io credevo di aver finito… Vai immediatamente a cercarlo e chiedigli che cosa cantava l’altro giorno mentre metteva la posta nella cassetta”. Faccio le ricerche del caso. Cantava una canzoncina che la maestra gli aveva insegnato in quarta elementare. Lo riferisco a Lugano. La Mina decide di riaprire gli studi. Richiama Carmine Di, Max, tutti gli strumentisti, Mauro Balletti che deve fare altre copertine. E in cinque minuti la canzoncina della maestra elementare è fatta.

Nel frattempo i fan sono alla canna del gas. I CD escono a scadenza bisettimanale. Ogni settimana due uscite. C’è chi ha venduto la casa, chi non mangia più, chi ha rinuciato alle vacanze. Anche la bacheca è diventata un mortuorio. Per poter comprare tutti i CD molti bachecari hanno deciso di tagliare le spese telefoniche. I pochi rimasti non riescono a recensire i CD appena usciti. Troppa roba da commentare. Gli ultimi rimasti avevanno perso tutte le loro energie alla ricerca di tutti i brani da consigliare. C’era anche chi era andato a cercare gli spartiti dei canti degli eschimesi. Uno addirittura si era fatto imbarcare su un’astronave americana nello spazio, per captare gli eventuali canti degli eventuali extraterrestri. Anche quelli dovevano essere cantati da Mina. E infatti, non è forse lei l’unica, grandissima Minona universale?

 

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23 risposte

  1. Stamattina,sul giradischi c’è la bellissima canzone che la nostra MINA :inlove: canta nel programma Canzonissima ’68 è bello vedere come la “giraffa” è lontana cosa da far vedere ai cantanti di oggi..la canzone e’
    IO PER LUI
    E’ lui
    che mi sveglia al mattino
    e la notte mi copre.
    Io per lui
    faccio tutto
    sai perché

    Io per lui,
    io per lui morirei,
    per quegli occhi vivrei
    una vita di più.

    Io per lui,
    io per lui vincerei
    anche il sole perché
    questa vita che ho
    è per lui.

    Io per lui,
    io per lui morirei
    Grazie MINA :inlove:

  2. “Caro Lucio,
    questa è una lettera che volevo scriverti da tanto, tanto tempo. Ogni volta che sentivo un tuo pezzo, ogni volta che qualcuno, per strada, fischiettava qualcosa di tuo mi veniva voglia di mettermi in contatto con te, ma ho preferito rispettare (figurati se proprio io non lo dovevo fare…) il tuo desiderio di essere lasciato in pace. E forse ho fatto male, sai? Perchè adesso non so come fare per restituirti, almeno in parte, la gioia, tenerezza, il senso di invincibilità, la coscienza di fare qualcosa di perfetto che mi dava il cantare i tuoi pezzi. Erano come il più inattaccabile meccanismo, come l’arma più efficace, come una corazza lucentissima, come una seconda pelle ancora più aderente della prima. Erano costruiti con quella apparente semplicità, con quel naturale delizioso totale mood cosmico, che fa pensare alla fluidità di Puccini, al prezioso andamento di certi canti gospel. E insieme così piantati nella tradizione della canzonetta italiana da far cantare i garzoni mentre vanno in bicicletta a consegnare il pane, i bambini e tutte le madri d’Italia mentre preparano il pranzo per i propri cari. Che talento straordinario, che dono raro quello di essere capiti da tutti e da tutti essere amati proprio per quello che realmente si è. Sei stato il più grande nel realizzare il miracolo che ci fa sentire tutti figli della stessa materia, che ci fa cantare tutti insieme con le lacrime agli occhi. In questi giorni ho dovuto assistere a qualche intervento sgradevole e a tanti, tantissimi omaggi commossi e sinceri. Voglio ricordarmi soltanto questi. Voglio ricordarmi gli occhi lucidi di ragazzi giovanissimi e di uomini e donne anche più che adulti. Voglio ricordarmi i tuoi, che Dio li benedica, ti hanno difeso con la forza dell’amore da tutto il caravanserraglio massmediatico. Voglio ricordarmi quei piccoli mazzolini di fiori, quei bigliettini che ti hanno portato, anche loro, credo, per cercare di restituirti un pochino di quello che tu hai dato a tutti noi. Sai, avevo un sogno. Una pazzia. Insieme con Moreno, un giovane corista molto bravo che tu non hai conosciuto, ma che ti ama almeno quanto me, avevamo deciso che se tu mai avessi fatto di nuovo un concerto, saremmo venuti a farti il coro. Per il grande piacere di stare dietro di te e cantare insieme a te quelli che sono i nostri perfettissimi, storici, splendidi, adorati pezzi di vita. E, nella nostra follia, avevamo già pensato alla scaletta, a quali pezzi fare, alla formazione dell’orchestra, persino ai vestiti. Ogni volta che ci incontravamo in sala di incisione aggiungevamo qualche dettaglio al nostro progetto. Tutto era variabile tranne la presenza di due soli coristi: noi due, per l’appunto. Non importa. Vuol dire che la cosa è soltanto rimandata.
    Tua Mina.”
    tratto da Liberal del 18.settembre 1998

  3. Stamattina sul giradischi c’è una bella canzone molto amata dalla nostra MINA e messa sul lato B del 45gg Una donna una storia:
    DOMINGA
    I suoi gesti sanno di Dominga,
    la gonna lieve nel vento,
    che danza piano nella sera
    bellissima
    gli occhi nel suo ricordo,
    non gliene parlo mai
    ma ci penso sempre,
    da quando, da quando
    so che è stata lei
    il suo primo amore.
    E’ lei, Dominga
    è lei, Dominga
    è lei, Dominga
    è lei.
    L’avrà sfiorato così
    la prima volta,
    gli avrà insegnato sulla bocca
    quello che lui fa sulla mia.
    Se non l’ho mai conosciuta
    solo il suo pensiero mi fa morire.
    Chi mi fa morire
    è lei, Dominga
    è lei Dominga
    è lei Dominga
    è lei
    Il primo amore
    del mio primo amore,
    che ha legato la sua ingenuità
    a quella primavera,
    chi mi fa morire
    è lei, Dominga
    è lei, Dominga
    è lei, Dominga
    è lei.
    Grazie MINA :inlove:

  4. Stamattina, sul giradischi c’è la bella simpatica canzone che la nostra MINA :inlove: :inlove: canta nella seconda puntata del programma Sabato Sera è
    SABATI E DOMENICHE
    e darvi un buon weekend
    Questo sabato e domenica
    sola senza te e quanti giorni ancora
    quanti sabati
    e domeniche dovrò passar così.
    Mai, mai, io so che non vivrei se ti dicessi “Sì”
    ti amo troppo sai per
    dividerti anche un attimo, per viverti lontano
    pur sapendoti con un’altra che ti ama come me
    mai, mai, io so che non vivrei
    con te che e tu lo sai
    cosa vuol dire,
    cosa vuol dir per me perdere te.
    Cosa farò, cosa farò, dopo averti detto di
    no
    questo sabato e domenica
    sola senza te e quanti giorni ancora
    quanti sabati e domeniche dovrò passar
    così.
    Mai, mai, io so che non vivrei se ti dicessi “Sì”.
    Grazie MINA :inlove:

  5. Stamattina, sul giradischi c’è una superlativa canzone che la nostra MINA :inlove: canta come sigla di chiusura nello spettacolo di Mille Luci nel ’74 à:
    NON GIOCO PIU’

    Non gioco più me ne vado. Non gioco più davvero.
    La vita è un letto sfatto io prendo quel che trovo
    e lascio quel che prendo dietro me.
    Non gioco più me ne vado. Non gioco più davvero.
    La faccia di cemento tu parli e non ti sento
    io cambio e chi non cambia resta me.
    Non gioco più lascia stare, non gioco più ti assicuro.
    Se ti faccio male poi ti passerà
    tanto il mondo come prima senza voglia girerà.
    Non gioco più me ne vado. Non gioco più ma davvero.
    Non credere ai capricci di una foglia che col vento se ne va.
    Non gioco più… Non gioco più… Non gioco più…
    Grazie MINA :inlove:

  6. Stamattina, sul giradischi c’è la bellissima canzone che la nostra MINA :inlove: canta nella sigla di chiusura nel programma Trent’anni della nostra storia, e nel 45gg con la Contrsamba e nell’Abum Mina 25 è:
    DEVI DIRMI DI SI’
    E
    ti giri indietro e
    ti ritrovi nel mare di se
    ma io resto con te
    e ti voglio perché
    io con te sto bene
    mi dimentico le pene
    son felice
    non mi pento
    tutto qui.
    E
    se guardi bene in me
    troverai una parte di te,
    questi giorni tra noi
    non li vendere mai,
    mi ricordo bene
    tante parole serene
    tante frasi dette con ingenuità.
    Il mio sangue freme
    tu mi scorri nelle vene
    io ti voglio
    tutto il resto si vedrà.

    devi dirmi di sì
    non mi scorderò mai
    quel bisogno d’amore
    che hai.
    Devi dirmi di sì
    basta crederci un pò
    riprovandoci forse si può.
    Devi dirmi di sì
    quel che c’è tra di noi
    son sicura non finirà mai.
    E
    se pensi un poco a me
    ti accorgi che male non è
    puoi sorridere un pò
    farlo assieme si può.
    Io ti voglio bene
    solo luce non catene
    coi suoi raggi il nostro cuore scalderà.
    Io con te sto bene
    mi dimentico le pene
    son felice
    non mi pento
    tutto qua.

    devi dirmi di sì
    non mi scorderò mai
    quel bisogno d’amore
    che hai.
    Devi dirmi di sì
    basta crederci un pò
    riprovandoci forse si può.
    Devi dirmi di sì
    quel che c’è tra di noi
    son sicura non finirà mai,
    mai, mai, mai.
    Io con te sto bene
    mi dimentico le pene
    son felice
    non mi pento
    tutto qua.
    Grazie MINA :inlove:

  7. Stamattina, sul giradischi c’è la bellissima canzone che la nostra MINA :inlove: canta a Canzonissima ’68 è bello vedere la “giraffa” a che distanza kilometrica è..MINA con la sua “grande voce” la puo’ cantare:
    QUAND’ERO PICCOLA

    Quand’ero piccola
    dormivo sempre al lume di una lampada
    per la paura della solitudine
    paura che non mi ha lasciato mai
    nemmeno adesso che sei qui
    e dormi accanto a me
    ma sento che i tuoi sogni ti allontanano
    perché per quelli che si amano
    non c’è, non c’è
    lo stesso sogno da sognare in due.
    Una donna è più sola
    quando l’uomo che ha vicino
    non riesce a leggere
    nei suoi pensieri.
    Quand’ero piccola
    dormivo sempre al lume di una lampada
    per non restare sola
    adesso io vorrei, vorrei
    sognare quello che stai sognando tu.
    Una donna è più sola
    quando l’uomo che ha vicino
    non riesce a leggere
    nei suoi pensieri.
    Quand’ero piccola
    quand’ero piccola
    quand’ero piccola.
    E dormi accanto a me
    ma sento che i tuoi sogni ti allontanano
    perché per quelli che si amano
    non c’è, non c’è
    lo stesso sogno da sognare in due.
    Grazie MINA :kissed:

  8. Leggetevi l’articolo di Bragagna su FEDELTA’ DEL SUONO che parla di Califano. A conclusione dell’articolo elogia molto il disco fatto dal “califfo” per Mina dicendo che e’ la punta massima della creativita’ del cantautore. Interessante.

  9. Stamattina, sul giradischi c’è la bellissima canzone che la nostra MINA :inlove: canta nell’ Album del mio Meglio n.3 song.6 è:
    AMORE MIO
    Parole di Gina Basso ..che mi ha autografato lo spartito
    Amore mio
    riesco solo a dirti amore mio
    amore mio
    ma è il solo modo
    per poterti dire
    il bene che
    ti voglio io.

    Amore mio
    te l’hanno detto tante
    io lo so
    amore mio
    nessuna come te lo dico io.
    Amore mio
    amore mio
    amore mio
    non troverai
    chi possa darti appena più di me
    questo lo sai
    di più non avrai mai
    di più non c’è.
    Amore mio
    amore mio
    amore mio.

    Amore mio
    riesco solo a dirti amore mio
    amore mio
    ma è il solo modo
    per poterti dire
    il bene che
    ti voglio io.
    Amore mio
    te l’hanno detto tante
    io lo so
    amore mio
    nessuna come te lo dico io.

    Amore mio
    amore mio
    amore mio
    non troverai
    chi possa darti appena più di me
    questo lo sai
    di più non avrai mai
    di più non c’è
    amore mio
    amore mio
    Grazie MINA :inlove:

  10. Stamattina sul giradischi c’è una bellissima canzone che la nostra MINA canta nell’ Album Attila:
    UN PO’ DI PIU’
    Pensa a due ragazzi,
    diciamo due amanti,
    senza un soldo per tirare avanti,
    pensa a quanto ti costa rinunciare a tutto,
    quando tutto vorresti regalare a lei.
    E pensa a un uomo
    davanti a una montagna
    che non gli da speranza
    di superarla mai,
    pensa a un uomo
    davanti alla sua donna,
    sicuro già da ora
    che lui la perderà.
    Ed era tutto lì
    credere in noi
    un pò di più,
    stare insieme
    un pò di più,
    vivere insieme
    un pò di più,
    amare forse
    un pò di più,
    saper soffrire
    solo un po’ di più,
    e quando non ci si capisce più
    voler capire
    solo un po’ di più.
    Ma non vedevi che
    non era il corpo che chiedevo a te,
    non è la mano che tendevo a te
    ma tutta quanta, tutta quanta me,
    ed era tutto lì,
    bastava dire qualche volta sì
    e la montagna che era su di noi
    ora l’avresti sotto i piedi tuoi,
    bastava amare
    solo un po’ di più,
    saper soffrire
    solo un po’ di più,
    e dare
    un pò di più.
    Ed era tutto lì
    bastava dire qualche volta sì
    e la montagna che era su di noi
    ora l’avresti sotto i piedi tuoi,
    bastava amare
    solo un po’ di più,
    saper soffrire
    solo un po’ di più,
    e dare
    un pò di più.
    Grazie MINA :inlove:

  11. Stamattina sul giradischi c’è una bellissima canzone che la nostra MINA canta a Senza Rete nel ’68:
    BRAVA
    Dedicata a “Lei” perché MINA è proprio BRAVA
    Brava! Brava! Sono tanto brava! Brava!
    Sono tanto brava, sono brava
    sono tanto brava
    faccio quasi tutto con la voce, sembro un usignolo sì
    forse…forse qualche nota non è proprio giusta…giusta
    però io sono certa che così nessuno sa cantar
    sono come un uccellin
    senti il trillo…senti il trillo.
    State un pò a sentir queste note così basse che so fare
    poi vado su, vado su, vado su.
    Brava! Brava! Come sono brava! Brava!
    Certo se qualcuno vuole proprio…proprio pignolare
    forse qualcosa non so fare ma sicuramente sì
    non può essere che una cosa
    che non ha nessun valore se vogliamo ricordare
    che come me nessuno sa cantare
    sono come un uccellin
    senti il trillo…senti il trillo
    e vi ricordate quelle note così basse che so fare.
    Poi vado su…vado su…vado su
    su…su…come due note
    che volano nel cielo
    E tutti sanno
    che ho tanto di quel fiato
    che neppure una balena può resistere sott’acqua
    stando senza respirare tutto il tempo che io tengo questo “mi”.
    Brava! Brava! Come sono brava! Brava!
    Sono tanto brava, sono brava
    sono tanto brava
    faccio quasi tutto con la voce, sembro un usignolo sì
    però mi sentirei un poco…poco più tranquilla
    se potessi questa sera farmi dire che son brava sì
    ma che a dirlo siate voi
    voi voi voi voi voi voi voi voi
    voi che lo sentite questo povero mio cuore che fa bum
    bum bum bum bum bum bum bum bum bum bum bum!
    Brava! Brava!
    Brava! Brava!
    Brava!
    Grazie MINA :inlove:

  12. E se le dritte di Benedetta sono le collaborazioni con M Agnelli,D Dileo G.Sangiorgi siano le benvenute come la segnalazione di Axel di Questa vita loca.

  13. E meno male che la Signora salvo qualche dritta di Benedetta e di Axel fa quello che vuole e canta sempre splendidamente il suo canto libero…

  14. Dicci Luigi, com’è il viso di Mina visto da vicino oggi, quando si toglie gli occhiali? Che emozioni provi nel guardarla, e nel guardarla negli occhi? Che emozioni provi quando ti guarda lei? [Lillo]

    C’è sempre come una distanza. La guardi e la senti sempre come un po’ lontana. Certamente diversa. Forse gli occhiali che le nascondono gli occhi creano quest’impressione di lontananza. Ma forse, molto più probabilmente, la sua diversità sta nella sua natura di donna diversa.
    Quando sono con lei, mi sembra che il mondo sia molto lontano. Lei, lontana, ha anche il potere di allontanare il mondo, di renderlo meno pressante, meno cogente. Non scompare del tutto, il mondo. Ma è come se le voci del mondo fossero più sfumate, distanti, ovattate. Come quando si è a far due passi in giardino e intorno si spande la gloria del meriggio estivo. In lontananza ci si accorge che c’è il mondo, perché passano due ragazzi in bicicletta che parlano e ridono ad alta voce. Ma il loro parlare è oltre, al di là della siepe. Ci raggiunge, come un suono del mondo che però ci sfiora appena.
    Lei, distante, che rende il mondo più distante. Con questa lontananza, credo però che il mondo possa essere guardato e giudicato meglio. Non immergendosi, stando lontani, si può vedere tutto con più equilibrio. Il distacco consente un minore coinvolgimento. E maggiore capacità di giudizio.
    Ma quel suo sguardo così lontano ha dentro tutto il mistero della vicinanza. Sì, perché difficilmente si può incontrare una donna che sia così capace di immergersi dentro di te. Di prenderti dentro di sé nel suo grande grembo di madre. Di avvolgerti, di stringerti, di trascinarti dentro il suo cuore grande. Di volerti bene. Lei, donna del “tutto o niente”, dei grandi slanci, delle imprevedibilità. Nulla è scontato con lei. Lei, la donna che ama le ripetizioni rassicuranti, le abitudini ripetute fino allo sfinimento, la ritualità del vivere quotidiano. Ma che poi è capace di impulsi improvvisi. Come quella sera (e non era neanche presto) in cui, già rilassata sul suo divano bianco, ci disse che voleva andare a Cremona, a prendere il gelato in quel posto dietro il Duomo, per poi sedersi sui gradini davanti alla chiesa e gustarsi il gelato nella pace notturna della sua amata Cremona. Io, immaginarsi!, avrei preferito la tranquilla ripetitività dell’ennesima sera sulla mia poltrona, sempre rigorosamente alla sua destra. Ma come facevo a dire di no ad uno slancio così giovane, così sincero, così diverso dalla logica di tutto e di tutti? Un’ora e mezzo di macchina per un gelato e il frescore dei gradini del Duomo, nella calma della notte cremonese! Un incanto, per il quale, valeva la pena di scarrozzarsi un’ora e mezzo di macchina, raddoppiata per due.
    Il suo sguardo noto e memorizzato, quasi inglobato nel mio DNA, che improvvisamente diventa entusiasta e giovane come quello di un ragazzo che fa una pazzia inaspettata per la ragazza che ama. Non si può resistere.
    Io suo volto, i suoi occhi che si intuiscono, ma non si vedono nella chiarezza che invece loro hanno…
    Il suo volto è la sua seconda voce. Parla quel volto. Dice quello che la voce non vuole o non può dire. Dice il suo disappunto per un ospite sgradito, dice con l’occhio strabuzzato il fastidio per uno spettacolo tv che non è degno nemmeno della serie D. Dice.
    Mi fa morire di riso quando c’è una persona che è costretta a sorbirsi. Gente che parla, parla, parla, che racconta imprese, che vanta conoscenze, titoli, ricchezze, vippai, yacht… E quando si accorge di non essere guardata, mi cerca con gli occhi, mi fissa con l’occhio apertissimo. Talmente aperto che riesce a forare il fumé dell’occhiale. E io capisco cosa si annidi nel suo cuore. Il disagio, il fastidio, la pena di tanto millantamento. È un modo che lei ha di staccare la spina da quel supplizio tantalico che è costretta a subire. Ed è come se cercasse in me una complicità, e anche un piccolo rifugio di tre secondi, per staccarsi da quello lì che continua imperterrito col suo profluvio di parole.
    Parla il suo viso, quando è attraversato da un dolore che le parole non dicono. Quando la raggiungono notizie atroci (come quella volta che le comunicarono della morte di Gaber), è il viso che parla, è la sua pelle, meravigliosamente liscia, che si raggrinzisce e che in quelle rughe lascia emergere tutto il dramma che si agita dentro di lei. Mi restituisce tutta se stessa con il suo viso che parla. Quel viso grande, esagerato, estremo, che mi fa sempre pensare un po’ pensare alla faccia della luna. Lei è luna. Vicina e distante. Presente e lontana. Vergine e intatta, ma capace di guardare a tutti gli orrori del mondo. Come il volto della luna. C’è, ma spesso non parla. È una presenza sotto la quale sai di essere, ma che non si impone con il fragore della luce solare. C’è, ma non c’è. Quando però volgi lo sguardo verso la luna, ti accorgi della sua amorevolezza che sta tutta nella sua presenza silenziosa. Raramente si toglie quello schermo che nascondono i suoi occhi. Ma quando accade è perché qualcosa di grande è accaduto. Per asciugare una lacrima, ad esempio. E lo fa sempre allo stesso modo, con un movimento leggero delle nocche che curano il suo dolore, togliendo la lacrima che l’ha straziata. E sempre con una piega della bocca, rigorosamente chiusa, come a non voler far uscire il dolore che le gonfia il collo.
    Allora, in quel gesto, spalanca l’occhio, per far in modo che le nocche raccolgano tutto l’umore dell’occhio. L’occhio si fa enorme, gigantesco. Riempie il viso e tutto lo spazio intorno è come risucchiato dal quella mole che dice più di ogni parola. Veramente enormi, da fa paura. Con un’assonanza pazzesca con l’occhio bovino.
    Talmente grandi che li si nota anche quando sono ricoperti dalle palpebre chiuse, quando reclina il capo all’indietro, sulla parte alta della spalliera del divano. Quando si appisola, ed è così dolce, teneramente bella, in quell’abbandono di chi non teme neanche di mostrarsi nella debolezza del lasciarsi andare al sonno. Lì, in quel momento, mi mette addosso una tenerezza che mi stringe il cuore. Perché la vedo rilassata, come se fosse giunto il momento dell’addio, dello stacco. Gli occhi che hanno visto tanto, che hanno attraversato i continenti, che si sono affissati sul volto dei figli, che hanno letto spartiti, che hanno guardato la vita brutta e bella, quegli occhi ora sono come giunti al capolinea. È la pace di colei che ha vissuto e che si è rapportata al mondo coi suoi occhi. Ma ora hanno diritto di riposarsi, di staccarsi da tutto e di rimanere chiusi. Tutto è compiuto.
    La vedo nella calma del sonno, di quel sonno che lascia intravedere ancora una vita pulsante. Ma penso sempre ad un sonno più eterno. Quel sonno che mi fa paura, perché vorrei che non la toccasse mai.
    E’ il timore di un pensiero che mi raggiunge, che mi fa male. Ma poi c’è sempre uno scuotimento, un leggero movimento della testa che si riprende.
    Allora spalanca gli occhi. Le palpebre si fanno da parte e lei guarda, forse non vedendo. Con gli occhi che sono come flash, è come se chiedesse scusa per essersi assentata da noi. È come se dicesse che anche lei aveva bisogno di starsene un po’ in disparte. Ma in quello sguardo che riprende vita c’è tutta una promessa. “Me ne sono andata per un po’. Ma non temere; stai tranquillo. I miei occhi non vogliono lasciarti solo nel tuo timore. Ci sono ancora, con tutto questo bene che i miei occhi dicono. Stai tranquillo. Non ti lascerò mai”.
    Luigi Nava- La Bacheca – settembre 2003)

  15. Più che vero quando lo scrisse, ed ancora attualissimo ai giorni nostri………per fortuna Mina, continua per la sua strada )))

  16. Esilarante!! Se ognuno potesse predire il futuro sarebbe mortalmente noioso!
    Vuoi mettere il brivido di un ascolto “al buio” di un pezzo originale!?!
    Mai prevedibile, mai banale, mai scontata!!
    Mina ci piaci così!!

  17. ehehe. ci sono citato anch’io. che effettivamente finii nel tunnel delle canzoni-che-mina-dovrebbe cantare…