La nostra amatissima Rina Gagliardi è morta stamane, stroncata nel giro di poche settimane da un male incurabile, nella clinica Villa Margherita di Roma. Ad annunciare la triste notizia è stato Piero Sansonetti, direttore della rivista Gli Altri per la quale la grande giornalista (nonché, nella passata legislatura, senatrice nelle file del PRC) scriveva negli ultimi tempi, dopo anni trascorsi nelle redazioni de Il manifesto – di cui era stata tra i fondatori – e di Liberazione. Fan irriducibile di Mina fin dai tempi de Il cielo in una stanza, era entusiasticamente entrata a far parte del nostro club nel 1989, proprio nei giorni in cui il Muro di Berlino crollava e il PCI stava per sciogliersi (“In questi bui momenti – ci confessò allora – quale tessera più rassicurante della vostra potrebbe esserci a nostra disposizione?”). Nel 2001, inaugurando sulla fanzine la rubrica Incontro con Rina che sarebbe proseguita con poche interruzioni fino al numero più recente, si presentò ai nostri lettori con l’ironico autoritratto che, non senza profonda commozione, vogliamo oggi riproporvi invitandovi a leggerlo “come se lei fosse qui”:
“Mi presento, prima di ogni altra cosa. Sono nata nel 1947, e da quando avevo 24 anni sono giornalista. Mi occupo prevalentemente di politica, e quale sia la mia collocazione, appunto, politica lo lascio alla vostra immaginazione. Ho idee molto nette, ma non soffro, non ho mai sofferto, di quel tremendo vizio tipicamente postmoderno che è l’integralismo – il fanatismo, l’organicismo ideologico, il disprezzo per chi la pensa diversamente. Per esempio: che cosa c’entra la mia passione per Mina con la mia passione rivoluzionaria? Nulla. Le supercoerenze non esistono, cercarle è pericoloso: meglio, all’opposto, godere dell’inconciliabilità delle diverse dimensioni dell’esistenza. Mi capita soltanto, talora, in agit-prop: regalo cd a scopo promozionale a coloro che non conoscono Lei. Ma soprattutto redigo compilations con le sue ‘perle’ a beneficio di chi – ce ne sono, ahimè – ne parla male, non la capisce, non la ama. E’ una sfida improba, quasi impossibile: fabbricare cento minuti “del suo meglio”, i più emotivamente sconvolgenti, i più significanti (non i più significativi, che sono molti di più), i più… non so come dirlo. in questo diuturno esercizio di selezione esistenzial-musicale, ci sono alcune stelle fisse. Senora melancolia non manca mai: non so se è il Suo capolavoro, so solo che quella disperazione brahmsiana, che nasce alla fine, quando si contempla un mondo o una vita radicalmente perduta, comunica un brivido di struggenza assoluta. Tutta la Mina post-crepuscolare – sudamericana – mi è specialmente cara: in questi repertorio, la sua Voce si libera di ogni limite, anche vocale, coniuga perfettamente sostanza e forma, arriva al top della febbre espressiva lasciandosi alle spalle ogni sovrappiù di sofisticazione. Difficile escludere classici come Ahi mi’ amor (fare a meno di quella nota lunghissima di “Insinua il cuore?”), Sonhos (un understatement al massimo eccitamento, se si consente l’ossimoro), Balada de otonho, Balada para mi muerte, e qualche altra cosa fin troppo nota. Tutto questo è il frutto di una mia proiezione personale? Può darsi. Eppure, il legame strettissimo tra Amore e Morte, tra Eros e Malinconia è stato scoperto, interrogato, vissuto da millenni – e dai maggiori poeti. Mina ha saputo interpretarlo e comunicarlo fin nelle pieghe della vita quotidiana: l’ha desollennizzato dalle sue ascendenze accademiche e letterarie, l’ha tradotto nella forma “confidenziale” di canzone. Nessuno come Lei ha saputo rappresentare quella lacerante sensazione di “strappo” dell’anima che si vive quando si è lasciati, traditi, ingannati, o quando si avverte una non-corrispondenza con l’Altro. Ma perché ha saputo cantare così la sofferenza d’amore? Perché sa che qui, non nel dolore ma nella trasfigurazione artistica del dolore, si raggiunge il massimo del piacere: quella catarsi emotiva – il grande Aristotele parlava di catarsis tòn patemàton – che è un bisogno primario dell’uomo civilizzato (…)”.
(Da That Old Feeling, di Rina Gagliardi, fanzine numero 56, autunno 2001)
Autore: loris
Apprendo con grande dispiacere della scomparsa di Rina Gagliardi. Non la conoscevo a fondo come giornalista, ma leggere ciò che scriveva di Mina, oltre a regalarmi un senso di totale sintonia, mi ha sempre fatto pensare che fosse una persona di rara sensibilità.
R.I.P.
prova lydcat@tin.it
sennò uniformi@libero.it
max
GLORIA GAYNOR SOGNA DUETTO CON MINA
Regina discomusic apre a Cagliari suo mini tour in Italia
(ANSA) – CAGLIARI, 29 GIUGNO – Gloria Gaynor, regina dei classici Motown e, alla fine degli anni Settanta, anche della discomusic sogna di duettare con Mina. La cantante americana salirà il primo luglio sul palco dell’Anfiteatro romano di Cagliari e torna in Sardegna per la prima tappa del suo mini tour italiano. Il suo più grande successo, ‘I will survive’, a distanza di trentadue anni, nelle feste fa sempre la sua bella figura oltre a essere diventata inno, non ufficiale, di femministe e movimento gay.
Anche questa mattina con discrezione suoniamo sul nostro giradisci QUANDO CORPUS MORIETEUR:
Quando quando corpus morietur
fac ut animae donetur
fac ut animae donetur
Paradisi gloria.
Quando quando corpus morietur
fac ut animae donetur
Paradisi gloria
Paradisi gloria
Paradisi gloria
ciao rina.
http://lettura-giornale.liberazione.it/
ciao mina
ciao tà
Mi dispiace moltissimo.
Purtroppo non conoscevo Rina; però, mi dispiace tantissimo.
Ciao Rina!
Messaggio per Massimo Catti: la tua email non è giusta, mi ritornano indietro…. come facciamo??? ridammi di nuovo.
mi dispiace per Rina , che brutta notizia.