di Massimo Serzio
Come sia possibile che dall’inizio della sua carriera Mina trovi ancora qualcosa di nuovo da dire, e un diverso modo di farlo; come possa la sua voce rimanere uguale, sé stessa -la Voce per eccellenza- ma coniugarsi in centinaia di sfumature ed intenzioni diverse; perché abbia ancora voglia di cercare tra gli ingredienti a sua disposizione buone materie prime da trasformare in piatti di altissima cucina -apprezzati e riconosciuti da pochi-, tutto questo resta, ai miei occhi, un grande mistero. Trovarsi tra le mani questo disco, oggi, ci proietta in un futuro anteriore, fatto di sensazioni inedite, ipotesi improbabili, atmosfere sconcertanti.
Tutto il discorso che mi ero preventivamente preparato l’ho messo via, in attesa -magari tra qualche anno- dell’uscita di un più classico disco di Mina; ora invece mi ritrovo a dover commentare un disco dove le più varie intenzioni ed atmosfere si mescolano all’interno di uno stesso brano, i sentimenti cambiano dall’inizio alla fine di uno stesso verso, le note diventano creta da modellare tra le mani dell’Unica capace di farne ciò che vuole, come vuole, quando vuole.
Selfie è un disco profondamente psicologico (e in questo la copertina e il titolo sono una lampante, geniale chiave di lettura). Tutto quello che ci siamo detti finora sulle parole interpretate da Mina, sul suo ineguagliabile modo di dare colore a tutte le sfumature della scala cromatica, sulla sua potenza e delicatezza, tutto è vecchio; passato; archiviato. Mina è oltre. Mina è ancora, instancabilmente altro.
Queste canzoni sembrano scelte per darle modo di gestire una serie di pensieri/emozioni talmente intimi, impronunciabili, riservati e così discordanti tra loro, altalenanti, dissociati da sfiorare il limite dello schizofrenico, o meglio, del Disturbo Borderline.
Il disco apre con una canzone che mi ha scioccato per quanto mi corrisponda in modo profondissimo e intimo: Questa Donna Insopportabile; Mina la interpreta alternando verismo, rabbia e rassegnazione con una voce maschile, dura, profonda; l’assolo al piano alleggerisce, ma quel finale (“dedicato a voi”) così duro e spietato, e così diverso da quel “voi” liberatorio, sereno e ripetuto tre volte per ringraziare il suo pubblico di Canzonissima, riporta tutto nella giusta misura.
Io Non Sono Lei aumenta l’idea del dialogo con sé stessa, qui più violento, arrabbiato; la strofa parte con un’intenzione più carica, quasi ‘bamboleggiante’, ma sempre sprezzante, per diventare -subito dopo il “no”- roca, maschile, severa ed esplodere in quell’urlo straziante che non poteva essere cantato ‘pulito’.
In La Sola Ballerina Che Tu Avrai, diventa più suadente, carezzevole, consolatoria nei confronti del suo interlocutore già provato dalla presenza di questa ‘ballerina’ scomoda ma a cui si è ormai abituato; ma torna freschissima, smagliante, pungente ne Il Pelo Nell’Uovo: un’altra prova magistrale di follia vocale e sentimenti spiazzanti.
In questa lettura psicologica dell’album, Alla Fermata rappresenta il capolavoro nella descrizione di sentimenti altalenanti: già la tessitura melodica predispone un ventaglio di possibilità amplissimo (la sola frase musicale “mi viene da sorridere a pensare che non mi vuoi parlare” è un teorema arditissimo, sviluppato e dimostrato in modo lampante) dal sussurro degli inizi strofe a quel perentorio “sei una roccia, una montagna” che oscilla tra il dolore profondo della consapevolezza di non averlo per sé e la gioia violenta di una remotissima possibilità di realizzazione; il tutto amplificato da quei mandolini iniziali che introducono soltanto un arrangiamento invece superbo e che lasciano presagire un viscerale melodramma.
Anche in Perdimi il dialogo è tutto dentro la mente di lei, una sorta di Bugiardo E Incosciente senza finale ma meno rassegnato, dove alla parte bassa sofferta e cerebrale fanno da contraltare i versi urlati, liberatori e senza freni. Il Giocattolo racconta di un altro legame straziante che la protagonista non riesce a spezzare, una dipendenza psicologica che si traduce però in un’atmosfera più infantile (“non c’è più gusto romperei il giocattolo”) e anche il verso più melodrammatico “mi fai male se mi lasci morire qui davanti al telefono” è cantato con una più distaccata caricaturale drammaticità anni trenta.
Mai Visti Due è -senza dubbio alcuno- il capolavoro assoluto di questo album; nei versi scarni ed essenziali Mina riversa tutto il suo vivificante potere creatore per dare luce col suo canto magistrale a parole che sembrano create apposta per uscire dalla sua bocca. Geniale l’arrangiamento della doppia voce che inizia con quella di Mina e finisce con quella di Massimiliano, a dichiarare la profonda similitudine che si sdoppia in diversità.
A questo punto cosa ci si potrebbe aspettare di più? E invece arriva il singolo ideale di questo album: Troppa Luce; qui Mina si diverte (e si sente fin dalla surreale intro) a dare corpo alla follia dissociativa (i sensi sono tutti mescolati e non distinguono luce/voce, sogno/realtà, compagnia/solitudine passato/presente) usando due voci diametralmente opposte per strofe e ritornello.
Anche il bizzarro, altalenante, infantile scioglilingua de La Palla È Rotonda trova un posto inaspettato in questa lettura introspettiva (dato che Mina guarda le partite da sola) e il mantra benaugurante, positivo, sobbalzante del ritornello si oppone alla constatazione da telecronaca (e in quanto tale ossessivo-compulsiva) di quanto invece può realmente accadere durante la partita.
Ci avviamo verso il gran finale con Oui, c’est la vie, brano solare, positivo, rassicurante, cantato con la voce più materna che Mina abbia saputo trovare, per rasserenarci e darci una chiave risolutiva per saper riguardare le vicissitudini vissute dall’inizio dell’album. Anche Aspettando L’Alba (nel suo ‘proustiano’ ricordare per ricollocare, aiutati dalla distanza che genera il tempo, in modo più corretto gli accadimenti della vita) si riguarda indietro parlando con la luna (quindi metaforicamente con sé stessa) per andare avanti con convinzione “oggi son quella che mi va”.
In Fine, questo album denso e profondo trova la sua degna conclusione; e come nei migliori film, dove l’ultima scena rimette tutto in discussione e non sai più se quello che hai appena visto è successo per davvero o “se pure è stato un sogno lieve” (come per Lost e la sua scioccante metafora della vita), Mina trasporta tutto al livello superiore; la materna rassicurante voce, cede il posto al più maschile, disperante alter-ego, e anche l’urlo che spezza in due il canto è senza luce. E così tutto può ricominciare da capo, la gioie, i dolori, le speranze e le illusioni e tutte le voci e i racconti di una vita intera (e di tutta la sua discografia) restano racchiusi in questo disco, capolavoro introspettivo e verista di una donna mai paga e mai stanca.
Autore: loris
Bella recensione. Anche per me, Massimo, “Mai Visti Due” è il capolavoro assoluto di Selfie. :-)
Caro Emilio , come invidio il tuo scritto, e come invidio il tuo ascolto di Selfie, io non ho questa autonomia perché non rimango mai da sola a sentirlo nota per nota, l’ho ascoltato una volta sola ma ne vorrei sentire ancora, posso solo dire Grazie MINA per questo Cd MAGNIFICAT.,è un capolavORO speciale te lo
dice la Piera
nazionale
Ebbene si devo ricredermi , devo dire che dopo aver ascoltato più volte Selfie ,da quando è uscito almeno tre quattro volte al giorno ,questo suo nuovo canto mi piace sempre di più e ad ogni nuovo ascolto scopro un suo sospiro , una nota che mi era sfuggita , una sfumatura della sua voce che mi entra nel cuore con un tocco lieve , colorando i miei pensieri di colori pastello , di colori caldi come il rosso fuoco della passione .Pensavo che le emozioni si fossero esaurite al primo ascolto e invece no non è cosi , la sua voce mi conquista ed affascina ad ogni nuovo ascolto , e ad ogni nuovo ascolto provo nuove emozioni sempre più grandi , sempre più profonde .La Signora non canta bene perché ha una bella voce , Mina canta bene perché è intelligente, perché usa il cuore e il cervello per cantare prima ancora dell’ugola , e questo non è da tutti , la Tigre può ruggire impetuosa ma anche fare le fusa con toni morbidi e caldi per poi tornare leggera e giocosa . Mina Oggi ti amo di più .
Mina ,grazie mille per averci regalato l’ennesimo album capolavoro.
La tua voce, la tua musica, il tuo modo di cantare sublime riempiono le mie giornate .Ho il presentimento e lo spero,che il prossimo album sara’ un omaggio alla musica brasiliana.A presto Signora mondiale di tutta la musica.
Angelo Acunzo