Selfie non vende come era lecito aspettarsi da un disco così bello? Troppo facile dare tutta la colpa alle radio – nelle cui scalette impazzano a suon di passaggi prezzolati sempre i soliti trenta-quaranta artisti imposti dalle majors, spesso con brani di infima qualità – o puntare il dito contro le carenze della distribuzione (da più parti ci è stata segnalata la difficile reperibilità dell’album negli autogrill o negli scaffali di molti megastore). Ovvio che questo e altri fattori – uniti allo strapotere di internet che ha dato il colpo di grazia all’industria discografica – abbiano il loro peso sulle sorti commerciali di Selfie.
Ma forse è il momento di inchiodare alle proprie responsabilità anche un altro colpevole senza attenuanti: il pubblico. Sì, proprio quel pubblico che il nostro Antonio Bianchi definisce “composto di fruitori superficiali, voraci di mediocrità, disinteressati a qualsiasi affinamento” . Nonché – aggiungo io – incapaci di scelte autonome , disposti a trangugiare di buon grado persino le peggiori sbobbe di certe mezze calzette lanciate nei talent show. Certo, in tempi in cui vige più forte che mai la regola di Lele Mora secondo cui “Se non sei in TV non sei nessuno”, l’invisibilità mediatica di Mina incide inevitabilmente sui riscontri commerciali delle sue pur eccelse proposte artistiche. E se è anche vero che per la stragrande maggioranza degli Italiani la Tigre continua ad essere “la cantante” per antonomasia, bisogna però anche ammettere che ad un così incrollabile successo di stima non corrispondono risultati concreti altrettanto incoraggianti. Pensate ai quasi 800.000 aficionados della fan page ufficiale mazziniana su Facebook: se anche solo uno su dieci di loro avesse acquistato la sua brava copia personale di Selfie, l’album a quest’ora avrebbe già superato il traguardo del disco di platino sommato ad un bel disco d’oro. La verità è, invece, che per troppi sedicenti fans la passione per Mina è ormai consumata a scrocco tramite i filmatini di youtube o lo scaricamento illegale in Rete. E questo pretendere di avere tutto e subito a portata di mouse senza sganciare una lira non riguarda solo la musica ma anche la carta stampata. Nei giorni scorsi una nostra socia ha gentilmente segnalato nel blog che l’ultimo Vanity conteneva un commosso scritto di Mina in ricordo dell’amico Giorgio Faletti. A quel punto gli interessati non avevano che da fare un salto in edicola e acquistare la rivista con l’articolo in questione. E invece no: in risposta a quella segnalazione sono subito piovute decine di impazienti richieste dell’inesistente link del pezzo…
Autore: loris
Caro Loris, sottoscrivo persino le virgole del tuo pezzo, anche se – amara riflessione – dalla spirale di mediocrità nella quale siamo piombati difficilmente si uscirà… un abbraccio.
D’accordo, le critiche ci sono sempre, ma questa volta sembra che siano supportate per non dire verificate da un calo di vendite rispetto agli altri lavori della Signora, verrebbe quasi da dire che esse siano fondate. L’idea della copertina è molto bella, ma quel braccio col telefono in mano ha rovinato lo stile – e più volte ho notato riporre il cd nello scaffale dopo averlo voltato. Io stesso, fan fedele e appassionato, mi sono dovuto turare il naso per acquistarlo. Le 12 copertine di American Song Book credo appartengano ad un livello nettamente differente come grafica a concezione. Ad ogni modo è la voce che conta, si dice così, no?
Mina ha i suoi fans che reggono le vendite,quindi pubblicherà sempre qualcosa perchè ha alle spalle uno zoccolo duro che le permette di tenere il passo coi tempi,in senso commerciale.Ha ragione un lettore precedente che afferma che la Voce è meravigliosa e sempre fresca,ma anche Selfie,tranne qualche chicca di apertura e di chiusura,è davvero mediocre. Se dovesse scegliere un pezzo per un suo ritorno in video,cosa sceglierebbe?
Accontentare tutti è impossibile …all’uscita di 12 sono piovute critiche impietose,stessa cosa per L’allieva adesso che ha fatto uno splendido album squisitamente pop ancora critiche..
Selfie, uno dei dischi peggiori degli ultimi anni. Le canzoni non parlano che di banalità ed i suoni sono molto prevedibili. Il retro di copertina con quel braccio col telefono in mano mette una tristezza infinita, vorrei poter pensare pensare ad Excalibur ed alla spada di Re Artù ma mi rendo conto che ormai il degrado ha intaccato anche le copertine della più grande cantante italiana. L’unico aspetto che ancora si salva è la voce. E dire che il mio disco preferito è e rimane ”12 american song book”, un crollo, di stile intendo, a così breve distanza non me lo sarei mai immaginato.
Tutto vero, purtroppo. Ma la musica subisce oggi quello che il libro di qualità subisce già da qualche decennio. Ed è sacrosanto che, come dice il mio amico poeta Franco Loi, “il popolo ha tradito”. Certo, ha subito una pressione senza precedenti. Però ha tradito.
Uno dei dischi più brutti ? è proprio vero che ognuno ha i suoi gusti ma dire che Selfie è uno dei più brutti mi sembra un tantino esagerato..
Condivido ciao
“Adesso poi … a parte pochi nomi, non si vende un disco nemmeno se ci infili dentro un biglietto da cento euro”. Parole scritte da Mina stessa qualche anno fa. Credo che il tutto dipenda dal nuovo modo diabolico di concepire il prodotto musicale. Il disco non viene più visto come un “bene culturale”, al pari di un libro o di un’opera d’arte ma un prodotto da consumare, divorare, ingoiare e digerire senza più alcun rito. Il caravanserraglio massmediatico ha imposto una fruizione non globale ma “al pezzo”, quasi “al chilo” come un qualsiasi genere alimentare. Con la differenza, però, che l’ascolto diventa qualcosa di dovuto gratuitamente, di percepibile e gustabile quasi come si fosse invitati ad un banchetto senza costi e senza prezzi. La beneficienza dell’industria musicale, nella percezione degli utenti, è facilmente ravvisabile se la si volesse paragonare ai prodotti editoriali, come citato da qualcuno. Ad oggi non credo che esistano episodi di critiche e giudizi librari senza un preventivo acquisto del volume, di una lettura ragionata e quindi di una formazione del giudizio meditata. Il libro resta un bene che deve essere comprato e non consumabile senza una forma di compravendita. L’acquisto presuppone una scelta, una forma di investimento di un proprio reddito che, non essendo illimitato, deve essere ripartito secondo giudizi e gusti del consumatore.
Viceversa la musica vive di un delirio di consumo forsennato, ci si sente legittimati a sbocconcellare pezzi di un disco in maniera più o meno disordinata, a sentire non più semplici “preview” ma interi dischi e quindi sentirsi poi in potere di acquistare o meno il prodotto a seconda dell’emozione del momento più confacente. Non credo sia una questione di costi del prodotto musicale (contenuti, tra l’altro, dalle più svariate offerte di vendita e, in ogni caso, non più cari di una semplice pizza serale con amici): si tratta di una autolegittimazione all’ascolto senza acquisto, generato dai mezzi informatici che lo permettono, in maniera più o meno legale, e all’assenza delle promozioni radiofoniche, televisive e più in genere pubblicitarie delle case discografiche.
Nel rispetto delle posizioni e delle opinioni di tutti, non ritengo si possa nascondere il mancato acquisto di un disco dietro ad un presunto “diritto alla critica”, come se questo nuovo modus operandi volesse giustificare ed elevare la libertà di coscienza del fan non più visto come una pecora che segue pedissequamente le scelte di marketing dell’artista ma come un soggetto libero di autodeterminarsi scegliendo se acquistare o meno l’ultimo lavoro del suo cantante preferito. La percezione di un disco risente del momento dell’ascolto, delle nostre paure, dei nostri stati d’animo e qualsiasi giudizio non può che essere ancorato a quell’istante, suscettibile di trasformarsi quando le condizioni mutano.
Del resto, tralasciando i fattori collezionistici, non si può dire che il fan di Mina sostenga così tanti “costi” per seguire il suo artista. Se non ci sono spese per biglietti di concerti, per spese di trasferta, per partecipazioni ad eventi a pagamento, come ci si può ritenere ammiratore di un cantante se, a priori, si ritiene di non dover spendere 20 euro una o due volte l’anno per le nuove fatiche artistiche di chi amiamo? Come possiamo ritenere di sostenere un’artista – e quindi tutta l’industria musicale che gira intorno, dai musicisti ai lavoratori impegnati nella produzione – senza nemmeno comprare un’opera che alle spalle ha richiesto tanto tempo, dedizione, scelte e impegno? Acquistare per giudicare, anche criticare violentemente ma avendo nelle mani, fisiche o virtuali (legali), il possesso dell’intero prodotto. Non è un invito all’acquisto di tutto lo scibile musicale ma degli artisti che riteniamo più vicini ai nostri sentimenti, alle nostre emozioni, ai nostri gusti e alle nostre passioni.
Spesso leggo invettive su chi lega Mina solo alle canzoni degli anni 60-70, della visibilità e della ribalta sui palcoscenici televisivi e teatrali, sostenendo giustamente che c’è una Donna che ha saputo rinnovarsi e continuare il suo lavoro, sperimentando e investendo sui giovani e le loro nuove produzioni. Ma se vengono meno gli stessi “autoproclamatisi fan” all’acquisto del nuovo disco, come si pretende che si diffonda il nuovo lavoro, che venga raggiunta la vetta delle classifiche (per quello che valgono) e, quindi, sollecitare e incuriosire l’ascolto e l’acquisto anche a chi non conosce, anche in ragione dei nuovi autori? O forse la musica è diventata soltanto un’opera di beneficienza incondizionata dell’Artista che ci regala i suoi pezzi per darli in pasto al consumo gratuito e alla critica efferata dei fan? Eliminiamo dall’elenco dei lavori e mestieri il cantante che incide dischi. Lasciamo l’esecutore dei concerti. Tutto il resto è soltanto dovuto.
PS: Per me Selfie è l’album più bello degli ultimi anni. C’è dentro tutta la Mina che volevo e amo.
Mina, ancora adesso mantiene il primato della cantante che non appena esce un suo nuovo disco, vende le sue copie, ed è sempre nelle classifiche. Senza andare a 10 anni fa, ma solo a quasi sette anni fa, il suo “Todavia” nel 2007 non appena uscito, balzò immediatamente al primo posto nella classifica Fimi. Nel 2009 un disco non certamente commerciale come il bellissimo “Sulla tua bocca lo dirò”, entrò in classifica. Quello che sconcerta, sono davvero le radio che non trasmettono i nuovi dischi di Mina, da “Facile a “Selfie”, gli album di inediti per essere preciso. Ma io, qui ho già detto la mia, quando si parlava di questo fatto e ovviamente l’ho detta contro queste radio. Il disco “Selfie” non appena è stato in pre-ordine sugli store digitali è andato direttamente al secondo posto, mentre nelle classifiche Fimi al quinto posto. La colpa è di tutti e di nessuno se non vende più come nel 2007, ma di certo non è nostra inteso come noi fans, che facciamo il countdown non appena sappiamo la data di uscita del disco e non vediamo l’ora che esca per averlo.
Bisogna anche scrivere, che Mina ancora adesso mantiene il primato della cantante che ad suo nuovo disco vende se non come prima, ma di sicuro i suoi dischi sono sempre nelle classifiche di vendita. Nel 2007 il suo TODAVIA balzò immediamente al primo posto e non si parla di 10 o 20 anni fa ma di
Non credo che le non-vendite siano legate alla bellezza o meno del disco (per me Selfie rimane il più bel disco di inediti da molti anni), ma dal fatto che il pubblico (esclusi noi fans) compra “il disco di Mina”, se lo compra, e “il disco di Mina” è quello che esce per Natale. Da sempre.
Ora: io non conosco le vendite di “Christmas album”, ma ho il sospetto che questa doppia uscita nel giro di sei mesi sia graditissima da noi minofili ma un po’ meno dal “pubblico”.
C’è ancora una piccola cosa chiamata “crisi” in giro, ricordiamocelo
Al_Fi(e)
Secondo la mia modestissima opinione, il problema è, senza girarci attorno, che “Selfie” è uno dei dischi di Mina più brutti degli ultimi dieci anni ed è per questo che non ha venduto. Perché non avete fatto lo stesso discorso con “Christmas song book”? In sei mesi il mercato discografico è cambiato così velocemente?
Inoltre, vorrei aggiungere che questo continuo atteggiamento di superiorità morale dei fan della cosiddetta prima ora nei confronti dei più giovani, di chi magari non acquista il disco e lo ascolta su Spotify (vi potrà sembrare strano, ma è LEGALE) o altre piattaforme io lo trovo davvero degradante, inutile e controproducente perché allontana nuovi possibili fan.
Oggi il successo non è legato solo alle copie vendute, ma anche e a volte soprattutto alle visualizzazioni su Youtube e affini. Bisogna farsene una ragione.
P.s. Ho 19 anni, il disco l’ho comprato, come ho comprato i precedenti, e mi sono pentito.
Comunque è pur sempre quella che vende di più fra le sue illustri colleghe,Vanoni con Meticci aveva fatto un bellissimo album,stessa cosa Milva con l ‘album di Faletti eppure
non hanno venduto quasi niente anche se l’hanno presentato più volte in tv. C’è anche da dire che il catalogo di Mina vende sempre ..I giovani quelli che seguono Amici ,non possono certo apprezzare Mina ,abituati solo alla mediocrità delle varie Emme …Ma purtroppo questa è la realtà..Anche Morandi ha riempito l’Arena ma in quanto alle vendite…
ho gia scritto un post su questo argomento. vedi l’articolo si selfie chi puo’.e concordo appieno su cio’.il degrado è tale che cè difficolta pure a dialogare con le persone. a voilte mi chiedo cosa sara’ di noi tra 10 anni , circondati da muti e sordi e ciechi che non hanno voluto vedere sentire e parlarexchè nessuno glielo ha insegnato …ad evolversi..e loro continueranno a fare cio’ che i media gli insegneranno. ad essere degli automi.senza io riflessivo e volitivo.
una gran bella canzone x mina. un artista dimenticato troppo presto.. e ce ne sarebbero tante x mina nel sauo repertorio.
Sarà sempre peggio, caro Loris, e non prevedo nessuna inversione di tendenza, purtroppo. Non è l’assenza dell’artista, non è internet o youtube, non sono le radio, o meglio non solo questo, ma un imperante modo di intendere la fruizione della cultura e dello spettacolo come se il prodotto culturale nascesse dal nulla, senza costi di produzione, senza addetti ai lavori che vivono di questo. Pensa a quanti spendono cifre esorbitanti per tablet e smartphone e poi vanno al cinema e a teatro solo se hanno i biglietti omaggio…
Io stesso lo vedo anche nel mio settore, quello editoriale. Molti pensano che i libri non hanno un costo, la richiesta di omaggio ad ogni presentazione diventa sempre più dilagante.
Disperante. Avvilente.
Ciao Loris è tristemente vero…. tutto e subito e subito dimenticato….. che peccato