di Giancarlo Nino
Sarà che il 2015 è scorso via senza nuova Mina. Sarà che l’ultimo disco risale a oltre un anno e mezzo fa. Sarà che la prolungata assenza (pur foriera, a quanto pare, di grandi carrambate future) alimenta sete e fame di musica. Sarà per tutte queste cose che, quel mezzodì del 24 Dicembre è stato un po’ il nostro, il mio vero Natale. Quando, dopo le pallide anticipazioni concesse dalla pagina ufficiale di Facebook, ha fatto capolino su Youtube la magica versione di Last Christmas griffata Mazzini. Io ero, in quel momento, in altre faccende affaccendato. Mi sono ricordato dell’evento con una mezz’oretta di ritardo. Poco importa. Sfilo gli auricolari dalla tasca, chiamo in soccorso il mio pigrissimo smartphone, in qualche secondo sono lì, sul tubo, a sentire rapito. Mentre nella palestra in cui mi trovavo lo sferragliare degli attrezzi passa in secondo piano, scompare dalle mie orecchie. Come in un film di Ozpetek. C’è spazio solo per Lei. Non ho da dire molto sul pezzo, bellissimo. Molti sapranno e hanno saputo esprimersi assai meglio di come potrei fare io. L’incantesimo della delicatezza, una Voce che sfiora le note con tatto e sapienza da consumata interprete. Che trova una forma nuova ad un contenuto musicale assai conosciuto e, spesso, abusato. Stempera ogni rischio di ridente concessione alle buffonate natalizie in poche pennellate dalle tinte pastello. Neve che cade leggera. È, meravigliosamente, Mina. Ed è, per me, l’eterna riprova di quello che so bene: nessuna come Lei. Ascolto, in generale, molta musica. Da perfetto ignorante, s’intende. Col mio bravo abbonamento a Spotify, mi immergo in scorribande allegre tra pezzi vecchi o nuovi, solleticato da un ascolto casuale in radio o mentre sono per strada e un motivetto batte sui miei timpani. Senza criteri diversi dall’umore del momento e dalla curiosità, ascolto. In questo ultimo periodo, sono immerso nel pop radiofonico internazionale, frivolezze d’autore e non che, in fin dei conti, hanno un loro perché. Ma basta che, nell’onnivoro trangugiare quotidiano, facciano capolino gli afrori di quella nota Voce e tutto il resto scompare. Last Christmas è un modo per ricordarmi che sì, la musica è infinita, ma il posto di Mina nelle mie orecchie nessuna può riempirlo. La Signora che mi richiama all’ordine. Un velo che si squarcia per pochi minuti per ricordare al mondo di quali incantesimi Lei sia capace. Grovigli di suoni, voci, cantanti, ritmi, generi, il mondo ne è pieno. Tra tutti, quel filo rosso sfilato via da una treccia color mandarinetto splende ai miei occhi. Mi parla di chi sono stato e sono e sarò. È la mia Mina. La straordinaria e rara consistenza delle cose che si scelgono e restano per sempre. Grazie, Mina. Sono, di nuovo, in partenza, per andare lontano, in un posto che amo e che sento mio. È stato, in fin dei conti, un “Buon Viaggio!”, il tuo. E mi accompagnerà come la delicata zolletta fuori stagione da sciogliere nel tè delle 5. Non importa dove. Ho scomposto il piccolo puzzle con la leonardesca copertina di Olio (ve lo ricordate?), ne ho raccolto i pezzi in una bustina, lo ricomporrò dall’altra parte del mondo, a casa mia. La tua, per una volta silenziosa, benedizione. See you there, my beautiful Mistress.
Autore: loris