Mina Fan Club

A un anno dalla scomparsa – avvenuta il 27 febbraio 2014 – dell’indimenticabile Gherardo Gentili, vi riproponiamo uno degli scritti più belli tra quelli da lui appositamente firmati per la nostra fanzine: il tenero e folgorante ritratto di Giacomo Mazzini che egli ci regalò in occasione del dossier sulla storia della PDU pubblicato nel numero 67. Una scelta non casuale: non capita spesso di poter omaggiare in un colpo solo due uomini tra loro così diversi ma ugualmente meravigliosi…

di Gherardo Gentili

Figlia di un industriale di Cremona. La notizia faceva un certo effetto in un tempo in cui i cantanti, come i calciatori e i campioni del ciclismo, dovevano per forza venire dal popolo. La Caramellaia di Novi Ligure, il Reuccio di Trastevere, la Pantera di Goro, l’Aquila di Ligonchio. Era un populismo generale. Facevano eccezione la Tigre di Cremona, appunto, e la Cantante della Mala, Ornella Vanoni, borghese medio-alta milanese.

Poi si seppe che gli affari dell’industriale non andavano gran che bene e che la fabbrica di prodotti chimici aveva dovuto chiudere. Naturalmente parve naturale che la figlia dovesse intervenire in salvataggio del padre. Esiste una retorica di queste faccende familiari. E, sempre in onore di questa retorica, parve naturale che papà Mazzini, rimasto senza azienda e senza lavoro, si adattasse a seguire le sorti della figlia famosa divenuta a sua volta un’azienda dalle uova d’oro. Un posticino nella neonata PDU chi glielo poteva negare?

Nulla di tutto questo. Guardate un po’ dove può arrivare una stampa ficcanaso malata di luoghi comuni. Ho incontrato tanti anni fa il signor Giacomo a Lugano nella sede della PDU. Un uomo sereno, tranquillo, perfettamente inserito nel suo ruolo di amministratore delegato della casa discografica. Sia detto per inciso che Mina ha sempre avuto bisogno di avere accanto a sé a curare i suoi interessi artistici uomini di una certa età, sereni, tranquilli, padroni del loro ruolo. Si pensi a quello è stato Elio Gigante, l’impresario dei tour e dei concerti. O Bernardini, il patron della Bussola.

Papà Mazzini mi trattò come si doveva trattare un giornalista più o meno della sua età, arrivato tardi come lui a fare il proprio mestiere dopo qualche vicissitudine. Con una cordialità venata di solidarietà, quasi di complicità. Lui, il padre; io, il cronista anziano, potevamo intenderci bene, al di fuori dei pettegolezzi e delle chiacchiere. Fu un breve incontro di quelli che si ricordano per tutta la vita. A Lugano, in PDU, mi sentii in famiglia, accolto come un amico di casa. Lei, la Signora, non c’era. Ma capii che sarebbe stata d’accordo.

Aggiungo qualcosa a proposito delle foto del primo giorno di scuola di Massimiliano di cui parla Egizio Fabbrici in una delle mie Nougatines di questo numero. Mina, per quanto riluttante a lasciarsi fotografare in un mattino in cui era solo una mamma che accompagnava il suo bambino nel primo giorno della Prima Elementare, volle poi uno scatto per ricordo.

Quella foto in una cornice d’argento finì sulla scrivania di nonno Giacomo. E quando l’Egizio ebbe occasione di ritornare a Lugano, il signor Mazzini sorridendo gli chiese: “Lo sa lei chi ha fatto questa foto?”. E nella domanda c’era tutta la sua bonaria e complice ironia.

(Grazie all’amico Giovanni Barca per la bella foto di Gherardo che ci ha inviato…)

 

 

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