All’inizio egli anni Novanta Marco Luberti – splendido autore di versi per il primo Cocciante (ma anche della bellissima Fermerò qualcuno musicata da Beppe Cantarelli per la Mina di Kyrie) – compose per la sua compagna Marina Arcangeli, brava cantante ricordata dai più per la lunga militanza nel gruppo vocale della Schola Cantorum, un brano intenso e drammatico dal titolo Il corvo nero. Il testo raccontava con cruda efficacia un destino comune – ieri come oggi – a tanti giovani artisti in cerca di un posto al sole sotto il cielo della musica: la disperata ricerca di un’occasione per farsi notare e per emergere, possibilmente senza scendere a compromessi lesivi della propria dignità. Come avviene alla protagonista della canzone, alle prese con un provino che potrebbe essere decisivo per la sua carriera, ma il cui esito è appeso al giudizio di un “corvo nero” di dubbia competenza e di ancor più equivoca moralità. La tematica si adattava perfettamente alla storia personale di Marina, che con questo pezzo contava di partecipare al Festival di Sanremo del ’91. La commissione selezionatrice rivierasca, purtroppo, non concesse a quel superbo Corvo nemmeno la chance di un primo volo: la canzone non fu ammessa alla gara e rimase in stand by per qualche mese. Finché, ribattezzata Il corvo, essa arrivò alle orecchie di Mina tramite l’allora direttore delle Edizioni Curci Osvaldo Micciché. Sulla carta, il brano sembrava essere il meno adatto ad essere interpretato dalla più “arrivata” e inarrivabile delle cantanti, giunta fulmineamente al successo quasi per gioco a diciott’anni senza uno straccio di gavetta (tanti bocconi amari dall’ambiente musicale li avrebbe dovuti ingoiare poi, ma questa è un’altra storia). E invece, andò come sappiamo: Il corvo divenne il pezzo trainante di Caterpillar affermandosi negli anni come uno dei classici mazziniani più amati dai fans, sebbene poco noto al “grosso” pubblico. Che ha invece avuto l’inedita possibilità di scoprirlo qualche sera fa, come sottofondo per un balletto, nel corso della puntata finale di Amici. Sentire una canzone del genere – in cui si parla di ambizioni artistiche frustrate e di dignità umana ferita – in quel contesto zeppo di corvi neri (o biondi, o rossi, o imbrattati di tinture varie) alle prese coi fragili sogni di gloria di tanti ragazzetti allo sbaraglio è stato uno spiazzante ma piacevolissimo paradosso, quasi come sentir parlare di etica in casa Verdini o di belcanto nel tinello di Ligabue. La domanda che ci poniamo è se qualcuno, nello studio di Maria La Sanguinaria, abbia effettivamente prestato attenzione ai versi della canzone cogliendone il senso più profondo. Ma è così importante saperlo? Poche ore dopo il passaggio in TV, Il corvo di Mina è immediatamente schizzato tra i top 100 brani più scaricati su iTunes. Tutto fa brodo, se il risultato è quello di portare un fugace momento di bellezza nelle orecchie incolte e imbastardite di tanti Italiani…
Autore: loris