Mina Fan Club

di Mauro Pennazio

La sera di quel 16 marzo 1974 persi due cose molto importanti.
A causa di impegni familiari (avevo 16 anni e mezzo ed ero sottoposto all’autorità genitoriale) mi fu impedito di assistere alla prima puntata di “Milleluci”.
Dentro di me ero distrutto dalla rabbia: mi sembrava un sacrilegio perdere l’esordio di uno show cui tenevo tantissimo e che già consideravo un evento televisivo che avrebbe segnato un’epoca (unico caso che ho avuto di senno del prima).
Amavo Mina dall’età di 10 anni e mai da allora avevo perso una sua trasmissione in tv e alla radio.
Quella sera dovetti subire la soverchia delusione di rinunciare a quanto desideravo più di ogni altra cosa.
Ci trovavamo a cena in casa di un collega di mio padre e la padrona di casa “si ricordò” di accendere la tv proprio mentre le ultime note della sigla finale andavano sfumando.
A me parve una vera beffa: quei pochi secondi di Mina, quel frammento di canzone colto nel suo spegnersi, mi avevano fatto amaramente per un attimo infinito contemplare ciò che avevo perso…avrei preferito non vedere nulla, piuttosto che assaporare una sola goccia di quello splendore!
Ma la serata era ancora lunga e, per me, portatrice di ulteriori sorprese.
I conoscenti dei miei genitori avevano un figlio di un anno più grande di me, da me conosciuto quella sera, disinvolto e solare quanto io impacciato e timido.
Dopo la cena gli adulti si dedicarono a un interminabile torneo alle carte e noi due ragazzi ci ritirammo ad ascoltare dischi e sfogliare fumetti.
Fu insieme a lui, occasionale amico di una sera, nella sua cameretta di adolescente irrequieto e intraprendente, che accadde ciò che rese indimenticabile quella data per me.
Da 40 anni ripenso e ricordo con dolcezza e malinconia gli avvenimenti di quelle ore, i miei stati d’animo.
La tristezza interiore dovuta alla rinuncia di Mina in tv, la consapevolezza, mista a un forte stupore, di aver varcato il confine tra l’età infantile e l’età adulta lasciandomi alle spalle il fardello di un’ormai ingombrante innocenza e ignoranza.
“Non gioco più”, che avevo solo captato e neanche percepito, fu quella sera per me un vero invito a crescere.
“La vita è un letto sfatto, io prendo quel che trovo, e lascio quel che prendo dietro me”, dal 16 marzo del ’74 quante volte Mina mi ha cantato queste parole per consolare la pena di un giorno difficile e per aiutarmi ad andare avanti, per altre direzioni, “io cambio e chi non cambia resta là”.
Per tutta la vita, in questi 40 anni trascorsi, il ricordo perfetto di ogni particolare di quella serata (per me iniziata con un flebile “non gioco più” di Mina che esce dall’inquadratura del video accompagnata dalle note dell’armonica di Thielemans) non si potrà consumare nè alterare.
L’invenzione del videoregistratore e le beneamate repliche di “Fuori orario” di Rai3, mi hanno permesso anni dopo di recuperare quel gioiello di “Milleluci” sulla radio.
(L’altra cosa persa quella sera non l’ho recuperata, non avrei potuto nè desiderato farlo, e non ne ho il rimpianto.)

 

Autore:

9 risposte

  1. Un ricordo personale e bellissimo per celebrare i quarant’anni di Milleuci! Grazie Mauro!

  2. Pronti per domani? Spero che domani ci saremo nuovamente tutti quì sul blog per gli auguri, con FB c’è un po’ di latitanza! Ormai tutti a postare su Fb…preferisco però più questo spazio, almeno per quanto riguarda la Ns. MINA; quì ho conosciuto tanti di voi…è la ns. famiglia “Miniana”; va bene FB perchè può portare MINA anche ad altri, ma questo spazio è DOC e lo vedo un po’ trascurato….
    a domani; nuove da casa Mazzini? Loris non ci dici niente?

  3. Stamattina, sul giradischi c’è la bellissima canzone capolavoro..che MINA :laugh: canta nella 3′ puntata nel programma
    Mille Luci è:
    MUNASTERIO ‘E SANTA CHIARA
    Dimane? No, vurría partí stasera
    Luntano, no…nun ce resisto cchiù
    Dice che c’è rimasto sulo ‘o mare,
    che è ‘o stesso ‘e primma, chillu mare blu

    Munasterio ‘e Santa Chiara
    tengo ‘o core scuro scuro
    Ma pecché, pecché ogne sera,
    penzo a Napule comm’era,
    penzo a Napule comm’è

    Funtanella ‘e Capemonte,
    chistu core mme se schianta,
    quanno sento ‘e dí da ‘a gente
    ca s’è fatto malamente
    stu paese ma pecché?

    No, nun è overo
    no, nun ce créro
    E moro pe ‘sta smania ‘e turná a Napule
    Ma ch’aggi”a fá?
    Mme fa paura ‘e ce turná

    Paura? Sí, Si fosse tutto overo?
    Si ‘a gente avesse ditto ‘a veritá?
    Tutt”a ricchezza ‘e Napule era ‘o core!
    dice ch’ha perzo pure chillu llá!

    Munasterio ‘e Santa Chiara
    tengo ‘o core scuro scuro
    Ma pecché, pecché ogne sera,
    penzo a Napule comm’era,
    penzo a Napule comm’è
    Grazie MINA :laugh:

  4. Stamattina sul giradischi c’è la simpatica canzone piena di allegria che MINA canta nella 5′ puntata di Milleluci:
    BRASIL
    Meu mulato inzoneiro
    Vou cantar te nos meus versos

    Ô, ôi essas fontes murmurantes
    Ôi onde eu mato a minha sede
    E onde a lua vem brincá
    Ôi, esse Brasil lindo e trigueiro
    É o meu Brasil brasileiro
    Terra de samba e pandeiro
    Brasil! Brasil!
    Brasil! Brasil!

    Ô, abre a cortina do passado
    Tira a mãe preta do serrado
    Bota o rei congo no congado
    Brasil! Brasil!
    Deixa cantar de novo o trovador
    A merencória luz da lua
    Toda a canção do meu amor
    Quero ver a sá dona caminhando
    Pelos salões arrastando
    O seu vestido rendado
    Brasil! Brasil!
    Brasil! Brasil!

  5. Sono felice che tu abbia superato le perplessità iniziali. Il tuo racconto mi ha colpito per la delicatezza che hai saputo infondere e per quel sapore caratteristico dei migliori romanzi “coming-of-age”. Il fatto che il tutto si ricolleghi a Mina rende il tutto magico!

  6. Sai, Pietro, avevo delle remore a rendere pubblico un ricordo così personale e di scarso interesse. Ma davvero per tutti questi anni il pensiero di Mina a Milleluci, della sigla finale, è inscindibile dal ricordo del fatto privato. Così ho pensato che sarebbe stato accettato con indulgenza il condividerlo qui, a maggior gloria di Mina, musa di amori nati nelle situazioni più versatili.
    Ciao.