Mina Fan Club

Se ne è andato in silenzio, con la discrezione che gli era propria, salutato in Rete e nei TG da un’Italietta smemorata con frettolosi coccodrilli wikipedestri. All’immenso Bruno Canfora la nostra fanzine ha dedicato tre anni fa, in occasione del suo novantesimo compleanno, un dettagliato ritratto monografico che il Maestro, in quel periodo impossibilitato a concederci un’intervista perché convalescente dopo un delicato intervento chirurgico, ci confessò telefonicamente di avere molto gradito. Ve ne riproponiamo i primi due capitoli invitandovi a rileggere l’intero articolo, in attesa del nuovo numero nel quale dell’aureo sodalizio tra Canfora e Mina si tornerà a parlare nel dossier sul 1968..

di Antonio Bianchi

Una silhouette priva di microfono, in secondo piano. Ma capace, con un lieve gesto, di accendere la musica. Baffetti, occhiali spessi e un compassato abito scuro da serioso professore. Ma associato a colori gioiosi e a un caleidoscopio di confezioni sonore. L’approccio riservato e discreto del gentleman votato all’understatement. Eppure baciato da una sorridente popolarità.

Il 6 novembre festeggerà novant’anni. È il più grande Maestro che ci è rimasto. Stuzzica un’amabile tenerezza (quella legata ai ricordi in bianco e nero) e una profonda soggezione. Il suo nome è noto a tutti. Come le sue canzoni. Perché Bruno Canfora è il fautore di uno scintillante songbook. Erano gli anni in cui le hit parade nostrane pullulavano di successi stranieri (frettolosamente tradotti, perché i fautori dei testi in italiano depositati con tempismo alla Siae, compresi quelli incantabili, riscuotevano i diritti d’autore. Anche quando si ascoltava la versione in lingua originale). I successi realmente made in Italy erano rari. E Bruno Canfora – compositore, direttore d’orchestra e arrangiatore – è stato, in assoluto, fra i più prolifici e costanti. Lo hanno cantato in tanti. Pensiamo alle gemelle Kessler (Pollo e champagne, Dadaumpa, La notte è piccola per noi, Quelli belli come noi…), il Quartetto Cetra (Le stelle dell’Orsa Maggiore…), Rita Pavone (Il ballo del mattone, Fortissimo, Il geghegè, Ma cos’è questo amore…), Ornella Vanoni (Tutta la gente del mondo, Ma come ho fatto, la stupenda Se dovessi cantarti duettata con Gigi Proietti…), Rocky Roberts (Stasera mi butto), Shirley Bassey (La vita), Johnny Dorelli (Fermate il mondo, Domani che farai…), i New Trolls (Un’ora), Marisa Sannia (Dai), Iva Zanicchi (Ma che amore). Loretta Goggi (Notte matta) e anche un pioniere della canzone d’autore nostrana, Domenico Modugno (Come si fa a non volerti bene)… Un canzoniere incredibile, per amabilità, varietà e prestigio, che diventa monumentale non appena si comincia a esplorare il repertorio mazziniano.

(…) La collaborazione fra Mina e Bruno Canfora abbraccia dieci anni. Gli estremi sono rappresentati da due Canzonissime-mito, quelle del ’59 e del ’68, con alcuni exploit isolati fra il ’72 e il ‘90. Un decennio all’insegna di una valanga di musica e di una simbiosi creativa sorprendentemente bilanciata, equa. Poi proseguita con un altro grande, meraviglioso Maestro, Gianni Ferrio. Il riferimento è doveroso perché – in particolare agli occhi dei fan di Mina – il legame fra Canfora e Ferrio è strettissimo, più di quanto possa apparire ad occhi meno “mazziniani”. Una contiguità che ha tante ragioni. A cominciare dai sabati sera televisivi. Il ruolo che, negli anni Sessanta, era di Bruno Canfora è diventato, negli anni Settanta, di Gianni Ferrio (e a prefigurare un ideale passaggio di consegne vi fu, alla direzione orchestrale di una puntata di Canzonissima ’59, una “supplenza” di Ferrio in sostituzione del Maestro titolare rimasto a casa con l’influenza).

Il primo ha accompagnato Mina negli anni del boom del 45 giri. Il secondo è sopraggiunto quando Mina era già cantante da album. Il primo ha svolto un ruolo fondamentale nell’affinamento della Mina delle origini. Il secondo ha accompagnato la vocalità mazziniana già delineata nei sopralluoghi musicalmente e strumentalmente più dotti. L’uno ha contribuito alla messa a fuoco di una prima “internazionalità” mazziniana (quella di Summertime, di Fascinating rhythm, degli omaggi a Porter, Gershwin, Rodgers, delle In the mood e Lullaby of Birdland televisive). L’altro ha portato alle estreme conseguenze questa dimensione (accompagnando Mina in territori jazzistici da puristi e, addirittura, nel repertorio sacro e belcantistico). Canfora è legato a un’incredibile serie di singoli da hit parade, fra i più belli della Mina anni ’60. Ferrio ha dato seguito a questa stessa serie (talvolta intersecandola cronologicamente, come nel caso di Ora o mai più) ed estendendola a interi album-mito (Plurale, Mina quasi Jannacci, Dalla Terra, Napoli secondo estratto, Sulla tua bocca lo dirò). Entrambi hanno dato forma al repertorio mazziniano più adulto e aristocratico, in una dimensione parallela e diversa da Tony De Vita, Giulio Libano, Augusto Martelli, Pino Presti, Celso Valli, Massimiliano Pani, al servizio – in anni diversissimi – di una Mina più calata nelle mode e nella contemporaneità. (…)

(Da Tra questa orchestra e voi, Minafanclub n° 77, 2014)

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