Mina Fan Club

di Giancarlo Nino

Io lo so bene che un disco non si giudica dalle vendite. Che non ha senso sventolare cifre mirabolanti e dati di mercato. So bene che quel che mi interessa veramente è quanto quel disco piaccia a me. Non agli altri. Potrei ascoltarlo da solo, in una stanza buia, unico usufruitore al mondo e per me andrebbe benissimo così. Ma sta in un istinto mai pienamente comprensibile, in un moto viscerale che parte dallo stomaco, la smagliante felicità nel vedere che quello che si ascolta e che si ama sta lassù, in cima alle classifiche di vendita. Le Migliori entrano magicamente nella storia, non solo nostra personale, ma delle charts italiane. Al momento in cui scrivo, sono già quattro i dischi di platino macinati, non ricordo più quante le prime posizioni consecutive agguantate (e proprio a ridosso del periodo natalizio). La cosa mi inebria. Era da tanto, troppo tempo, che Mina non si imponeva con tanta indomita fierezza nelle vendite. Una (simpaticamente metaforica) sberla a Ferro&Ligabue&Rossi&Pausini. È una piccola soddisfazione dopo i tristi silenzi su Piccolino, Caramella, 12, Selfie che avrebbero meritato più spazio e ascolto. Non che sia una cosa vitale, come già dicevo. Ma è bello sentirsi accomunati a tanti, tantissimi altri dallo stesso amore per una voce (due in questo caso, visto che il successo è condiviso a metà con il Molleggiato), per una sensibilità artistica sempre vigile, per un talento musicale solido, antico, e allo stesso tempo giovane e fresco.È in questa comunione di gusto che riscopriamo, nei tempi di stridente divisione che viviamo, un pezzetto di umanità che, un pochino, scalda il cuore. Entro nello specifico del disco. Se lo dovessi riassumere in una parola, quella che sceglierei è “ironia”. Cominciando dal titolo, ovviamente. Che va di pari passo con la superba copertina di Balletti (che è solo un frammento del gran lusso di tutta la confezione, roba da non crederci). Mina e Celentano ricoperti dell’istrionica abbondanza della moda da passerella, tra borsette incrostate di fiori di vetro e metallo, maniche intrecciate di grani traslucidi, calze cosparse di perline. Collane, cappellini, occhialoni. Le Migliori.

Ed è l’anteprima perfetta per tutto il fiume di ironia che scorre tra le canzoni. A cominciare da Ma che ci faccio qui, Mina recitante. O Prisencolinensinainciusol, tra coretti rétro e le invenzioni pirotecniche di Benny Benassi. E c’è anche la sfiziosa Se mi ami davvero, dove Mina si fa più che mai vocalist mentre Celentano rappa divertito. Ma c’è nell’impianto generale, oltre che nella scelta dei singoli pezzi, una grande dimostrazione di ironica leggerezza. Due dei più grandi nomi della musica nostrana (direi i più grandi) che si immergono in un pop leggero e senza pretese di grandiosità, che si divertono a non prendersi troppo sul serio, con intelligenza e modo, senza sentire il peso di tanti decenni di musica alle spalle. Un attimo ancora su Mina e sulla sua voce. Siamo di fronte a una delle vocalità più spettacolari della musica leggera di tutti o tempi, lo sappiamo da almeno 58 anni. Non solo per doti tecniche. Ma per l’uso sapiente, per l’intelligenza emotiva che ne guida il funzionamento. In Le Migliori Mina è controllatissima, si impone, con precisione millimetrica, di non strafare. Irrobustisce, alleggerisce, bisbiglia, arrochisce la voce con puntualità diabolica. E ne modifica il suono a seconda del pezzo. Piaciona e bamboleggiante in Amami amami, classica e virtuosa in È l’amore. Sanguigna e irruente in Ti lascio amore. Metallica in A un passo da te. Carezzevole in Sono le tre. Sorniona, autorevole, definitiva in Quando la smetterò. È questo il brano che più di tutti gli altri ridefinisce la straordinaria cifra interpretativa di Mina. Prodigio da interprete, raffinatezza da Signora, Mina agguanta la canzone con piglio jazz, partendo da sola, senza strumenti. Trasformando la sua parola in atto emotivo. Trascinando il ritornello in un appassionato salto d’ottava, ma con misura e delicatezza. Tanto per chiarire che qui c’è molto di più oltre il talento, oltre l’intonazione. Mina è una che ha inventato il mestiere che fa. Quello della Cantante. Dopo oltre due anni e mezzo di attesa, la fame è placata, una nuova Mina risuona sul giradischi. nell’attesa di tutte le altre, meravigliose, Mine che verranno.

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