LE VOSTRE MIGLIORI – 4
di Giacomo Parrucci
Poche considerazioni sparse. Più che altro emergenze dell’entusiasmo.
Ascolto ininterrottamente Le Migliori da tre giorni e di una cosa sono certo: avevo una grandissima fame della Mina “popolare”, quella spendibile sul mercato del mainstream, amichevole e autorevole al tempo stesso. Di qualcosa che fosse in grado di catturare l’attenzione delle radio e dei media come non succedeva da un po’. E siccome la risposta è arrivata, ed è una gran bella risposta, mi sento davvero entusiasta.
Non ero certo di volere un altro Minacelentano, perchè temevo l’effetto “minestra riscaldata” e consideravo rischiosissima l’idea di confrontarsi col fenomeno di massa che fu il disco del ’98. E poi – giù la maschera – ho sempre provato un po’ di antipatia nei confronti del molleggiato, con buona pace della mia amatissima Mina e di milioni di altre persone che lo adorano…
Ma è qui che viene il bello: in Le migliori è proprio Adriano a piacermi un sacco! Il primo dato che devo sottolineare è proprio questo, il contributo di Celentano. Trovo che sia molto più significativo e determinante in questo disco che in quello di diciotto anni fa. Se nel vecchio Minacelentano lo sopportavo bonariamente, quasi fosse una sorta di guest star in un album della sola Mina, stavolta l’impronta di Celentano è molto più forte, mi colpiscono la sua vocalità e la sua partecipazione, che aggiungono davvero tanto ai brani selezionati. Basti citare l’intro di Ti lascio amore per rendersi conto di quanto sia carica di fascino e determinante la sua interpretazione. Poi l’aver saputo che cura da sé il missaggio dei propri brani me lo fa apprezzare ancora di più, mi sembra di sentire un bel lavoro sulla sua voce e mi piace pensare che sia proprio lui a saperla valorizzare al banco d’incisione.
E a proposito di Voce, è ora che io cominci a parlare di Mina. Non mi abituerò mai alla sua voce, al brivido del primo ascolto. In Amami amami, ormai è già stato detto, il MinaSuono si manifesta con una freschezza e una lucentezza che se ne infischiano di qualsiasi epoca e dato anagrafico. Secondo me Mina deve essere del ’96, come le ragazzine che stamattina facevano casino in biblioteca…
Iperboli a parte, è ovvio che anche la sua voce cambia col passare degli anni, ma è qui che entrano in gioco i veri punti forti di Mina: l’intelligenza (inconsapevole? Allora è genialità!) e l’approccio al canto sempre vitale e dinamico. La voce cambia? E lei cambia tecnica insieme alla voce. E non è una cosa così scontata, vale la pena sottolinearla. Resta sempre fedele a sè stessa, a certi stilemi e birignao ai quali non potremmo mai rinunciare, eppure cambia nel modo di portare il suono, e inventa sempre sfumature indeite. Questa capacità di dominare lo strumento – assecondandolo – e di trasformare anche i limiti in nuovi mezzi espressivi me la fanno amare ancora di più, se è possibile… Quando la smetterò è la dimostrazione di tutto quanto detto. Canzone minosissima, interpretata con la classe e la forza evocativa di sempre, eppure diversa in certi suoni, nuova e quasi irriconoscibile in quei falsettini che sono davvero qualcosa di grande. Senza dubbio è la canzone che mi ha dato più emozioni.
Altro pezzo che adoro è A un passo da te. Mi ha letteralmente intasato il cervello, non riesco a smettere di canticchiarlo e spero davvero che si tratti del prossimo singolo su cui punteranno per trainare il disco. Azzeccatissimo il cameo vocale di Claudia Mori, doveroso l’omaggio al giovane autore che chiude il brano con la propria voce, ipnotico il ritornello cantato da Mina (che dura sempre troppo poco e vorrei non finisse mai!). E a proposito di questo brano, devo dire che mi fa molto piacere ritrovare Celso Valli fra gli arrangiatori. Credo che il suo contributo aggiunga molto al disco.
L’alchimia fra Mina e Adriano è sempre molto forte, e si percepisce chiaramente che si tratta di due vecchi amici che si stanno divertendo un sacco a fare un disco insieme. L’estro negli scambi parlati, la voglia di non prendersi troppo sul serio e la capacità di tracciare un arco che idealmente collega e raccoglie stili diversi, gusti e generazioni distanti fra loro; sono tutti tratti caratteristici di questa coppia dei miracoli che non può sbagliare e che permettono di affermare che si tratta di un disco necessario, voluto e più genuino di quanto sospettassi.
Vorrei parlare di un sacco di altre cose, della genialità della copertina, del titolo al femminile, del rovesciamento dell’idea di genere in alcuni brani in cui è Mina a fare l’uomo; ci sarebbero da citare una ad una le altre canzoni che mi piacciono, compresa quella da solista di Celentano che mi diverte molto; si potrebbero fare confronti più o meno spericolati tra il primo e il secondo Minacelentano… ma mi sono già dilungato troppo. Mi fermo qui.
Ciao Mina!
Ciao Adriano!