di Luigi Iacobellis
“La musica è finita. È finita nel senso che nessuno investe più su un nome nuovo e, a mala pena, su un nome accreditato. Internet, Youtube e dintorni hanno cambiato e distrutto gli equilibri che tenevano in vita tutto questo po’ po’ di ambaradan che è la musica leggera e non solo… ma è vero che il vinile va di moda? Come suonava bene… Con il vinile c’era più anima, la musica era meno asettica. Si sentiva il respiro e l’emozione che sono spariti quasi del tutto con l’utilizzo delle nuove strumentazioni”. Con queste parole Mina qualche anno fa affrontava, a più riprese, il tema dell’industria musicale e dei supporti discografici.
Da qualche giorno abbiamo appreso attraverso i canali ufficiali del nuovo ambizioso progetto PDU Music, una rivoluzione in chiave futuristica del modo di fruire della musica di Mina e di tanti altri artisti. In altre parole, riprendendo lo slogan pubblicato sul sito, la musica in tre dimensioni per un nuovo multiverso del collezionismo musicale che si realizza seguendo variegate linee progettuali. Un ritorno al passato che ormai da qualche anno è ritornato ad essere protagonista delle emissioni e delle vendite, il vinile, rivisitato in chiave estremamente qualitativa e fortemente esclusiva. Qualitativa nel senso della ricercatezza di materiali, tecniche di registrazione e packaging nella realizzazione di un prodotto secondo elevati standard, in grado di soddisfare i consumatori più ricercati. Esclusiva seguendo tre direttrici spiegate da Massimiliano Pani nella conferenza stampa e con comunicati successivi: limitare il mercato digitale dello streaming sulle piattaforme online, consentendo all’acquirente di poter scaricare file audio di altissima qualità solamente e unitamente al prodotto fisico non trovando i brani in rete; escludere dalla vendita alcuni prodotti negli store fisici e online, acquistabili unicamente sul canale ufficiale; accantonare un supporto tradizionale, come il compact disc. A questo si aggiunga l’universo NFT (con esclusive immagini e file audio acquistabili), il nuovo merchandising da collezione (al momento t-shirt e flangia serigrafata) e i nastri analogici che da qualche anno sono diventati pezzi di culto per gli audiofili più esigenti. Un catalogo destinato col tempo ad arricchirsi non soltanto dell’universo Mina ma anche di tanti altri noti artisti (già presenti tra gli altri Ivano Fossati, Mia Martini, Domenico Modugno, Sergio Caputo, Vinicius de Moraes e Sergio Endrigo, il trio Rea-Golino-Moriconi) e nuove giovani – e meno giovani – scoperte che potrebbero avere nella PDU Music un canale di promozione e diffusione della propria arte.
Come tutte le rivoluzioni che portano questo nome, le reazioni degli addetti ai lavori, critici e giornalisti ma anche dei tantissimi collezionisti, acquirenti di musica e semplici appassionati non sono mancate, delineando un variegato caleidoscopio di sentimenti e posizioni contrastanti su vari profili. I più attenzionati, tra questi, riguardano l’abbandono del supporto del compact disc, la decisione di non inserire i brani in streaming sulle piattaforme online musicali, la non reperibilità di alcuni prodotti negli store fisici e online per la vendita esclusiva sul canale pdumusic.com (si veda tra questi, nelle intenzioni comunicate, il nuovo album di inediti di Mina).
Operazione squisitamente commerciale? Non credo, almeno non nelle premesse e nelle finalità. Oso credere che l’idea sia partita dalla stessa Mina, come del resto tutto quello che attiene alle sue scelte artistiche e professionali e i motivi di questo progetto nascono da varie riflessioni. Prima di tutto l’anniversario della PDU stessa fondata dal papà Giacomo Mazzini che, raggiunti i 55 anni di gloriosa attività, necessitava di essere rilanciata anche alla luce del glorioso e troppo spesso dimenticato passato. La PDU certamente nasce come casa discografica di Mina, una scelta che le ha consentito di esprimere al meglio il proprio essere Artista libera, indipendente, slegata da logiche commerciali e da direttive imposte dall’alto, permettendole di realizzare nei tempi, modi e declinazioni dettate solo da lei il proprio modo di fare ed essere musica. Se oggi abbiamo un patrimonio musicale di Mina così vasto e diversificato, un unicum rispetto a qualsiasi cantante, esattamente come l’ha voluto lei e che rispecchia le sue scelte e convinzioni, è anche grazie alla PDU e alla possibilità di essersi svincolata dalle strette briglie della tradizionale industria discografica, non senza operare scelte musicali alcune volte ardite e condizionate soltanto dal credere fortemente nel progetto, scevre da dietrologie economiche e di incassi. PDU, dunque come strumento per essere propriamente libera di rappresentare il proprio lavoro al pubblico, principale strumento di comunicazione di Mina da oltre quarant’anni.
Non bendiamoci gli occhi, però, rispetto a quanto è successo negli ultimi anni a riguardo delle emissioni discografiche di Mina. Ai più attenti si è avvertito in maniera evidente come Mina stessa abbia perso, in qualche modo, la gestione del suo catalogo per motivi legati a diritti e vincoli contrattuali che non è questo il momento di indagare. Di certo non sono mancate raccolte ed emissioni discografiche nell’ultimo periodo, talvolta anche a valanga e così ravvicinate nel tempo, senza alcuna apparente progettualità di fondo o novità che giustificassero il nuovo prodotto e che sono fermamente convinto non abbiano nemmeno visto il coinvolgimento o l’assenso di Mina stessa, che anzi – forse – avrebbe preferito cestinare il tutto se fosse stato nel suo esclusivo potere. Il progetto della nuova PDU Music, pur non potendo cancellare tutto questo, certamente rappresenta una effettiva modalità per Mina di rimettere in parte la propria firma sulla gestione del suo patrimonio artistico. E su questa linea trovano conferme le dichiarazioni di Massimiliano Pani in parte del “manifesto” progettuale: recuperare il catalogo e riproporlo con emissioni periodiche, programmate e definite esclusivamente sull’onda della qualità. Qualità espressa nel packaging curato ed esclusivo (dalla cura della grafica alla scelta degli scatti/disegni/copertine inedite, dalla qualità della stampa ai materiali utilizzati, dai booklet allegati alla cura dell’impacchettamento). Qualità espressa nella purezza del suono e delle registrazioni in grado di rievocare emozioni e bellezza (come riportato sul sito “utilizzando al massimo la tecnologia odierna, con un criterio da audiofili, usando macchine di un tempo unite a macchine moderne con suono vintage, registratori analogici Studer e Ampex perfettamente restaurati a macchine esoteriche a valvole della britannica EAR Yoshino, sino ad arrivare a macchinari appositamente costruiti su nostre specifiche, sempre rimanendo in ambito analogico”; si pensi anche alla scelta preferenziale del vinile nero, come riferito dallo stesso Massimiliano, in grado di superare le logiche puramente commercial-collezionistiche delle valanghe di più o meno utili ristampe in vinile colorato degli ultimi anni, ad esclusivo vantaggio del suono). Qualità espressa nello stesso progetto e tracklist degli album che non diventano una mera trasposizione dell’originale ma si arricchiscono di tracce inedite o di brani/prodotti mai realizzati sul supporto. Dimostrazione è data dai primi prodotti realizzati: “Mina in studio 2001-2021”, per la prima volta su supporto audio un doppio album in vinile che raccoglie tutti i brani realizzati durante le sessioni di registrazione dal vivo del 2001 del dvd con l’aggiunta di Accarezzame, una canzone nuova realizzata nel 2021 con la stessa tecnica di registrazione live in studio; “Encadenados”, per la prima volta su vinile in versione rivista e rimasterizzata l’album “Nostalgias” realizzato nel 1998 per il solo mercato spagnolo e latino-americano contenente alcune versioni in lingua rimaste ancora inedite nel nostro Paese di brani già pubblicati in Italia; “Dilettevoli eccedenze”, brani mai pubblicati su album e cantati da Mina solo per la pubblicità, ghost-track o inediti lasciati nei cassetti e che ora ritrovano degna sistemazione per il grande pubblico. Già partendo solo da questi tre progetti è di tutta evidenza come l’acquisto del prodotto musicale ritrovi un senso, senza perdersi nelle logiche esclusive del profitto a scapito dei collezionisti e aprendosi anche all’interesse di nuovi o occasionali consumatori.
C’è anche un differente profilo da esaminare in questa nuova PDU Music. Troppo spesso agganciamo la PDU a Mina, quasi come se fosse una sovrapposizione automatica ed unica, dimenticandoci come il catalogo della casa discografica si sia arricchito nel corso degli anni di decine di artisti e generi musicali differenti, un ricchissimo melting pot culturale di musica classica (Marta Argerich, Maurizio Pollini e vari grandi solisti), Bossa Nova (Toquinho, Chico Buarque de Hollanda, Vinicius de Moraes), musica Celtica (Alan Stivell), Jazz italiano (Giorgio Gaslini, Martial Solal, Franco Ambrosetti, Danilo Rea, Massimo Moriconi, Alfredo Golino, Renato Sellani, Bruno Tommaso, Romano Mussolini, Martial Solal, Gaetano Liguori, Guido Mazzon, Andrea Centazzo), Rock progressive (Popol Vuh), Tangerine Dream, Peter Tosh per il reggae e tanti altri artisti italiani e stranieri (tra tutti Milly, Massimo Bozzi, gli Audio 2, Marisa Sacchetto, i Domodossola, Tihm, Aulehla & Zappa, Marita, Johnny Sax, Milena, Proxima, Roberto Ferri e Luigi Grechi, Angel Pato Garcia, Lyonesse senza dimenticare Severino Gazzelloni). La nuova PDU music si pone l’ambizioso obiettivo di riscoprire l’anima autentica della sua storia, ponendosi come soggetto protagonista nelle produzioni musicali di qualità, certamente con Mina come protagonista ma non esclusiva. Dimostrazione è data dai prodotti già presenti in catalogo o di prossima pubblicazione di Fossati, Mia Martini, Domenico Modugno, Sergio Caputo, Vinicius de Moraes e Sergio Endrigo, il trio Rea-Golino-Moriconi, destinato ad arricchirsi di nuovi titoli e artisti e, perché no, di nuovi talenti che si affacciano nel mondo della musica.
Ora in questo scenario come si collocano le scelte più criticate da alcuni di questo progetto? Direi allineandosi esattamente con la filosofia sopraesposta. La decisione di non inserire i brani in streaming sulle piattaforme online musicali e la non reperibilità di alcuni prodotti negli store fisici e online per la vendita esclusiva sullo shop della PDU Music possono certamente rappresentare scelte antipopolari ma sono strumenti fondamentali per raggiungere l’obiettivo sperato: diffondere gradualmente la mission e lo spazio PDU Music, anche a scapito degli incassi. A chi ha frettolosamente attribuito all’operazione una esclusiva natura speculativa, direi che a ben guardare si tratta dell’esatto contrario. Escludere i canali tradizionali di vendita – dal negozio di dischi all’ipermercato, passando per i colossi del commercio elettronico – significa, inevitabilmente, rinunciare quantomeno nell’immediato agli incassi che provengono soprattutto dal grande pubblico (non dal fan o dal collezionista) e questa di per sé è una scelta antieconomica, se si pensa che il nome di Mina è trainante nelle vendite da anni per il grande pubblico, pur nei limiti della crisi del mercato discografico determinata dal passaggio al formato digitale. A questo si aggiunga proprio la scelta di escludere dalle piattaforme streaming i nuovi prodotti editi nel progetto: come è possibile fidelizzare il cliente in questa nuova filosofia che pone al centro il supporto vinile di alta qualità e appassionarlo ad un nuovo modo di interagire con il prodotto se lo stesso brano è facilmente reperibile online, finanche gratis? Il violento passaggio dal disco in vinile al compact disc, la facile replicabilità di quest’ultimo e il diffondersi della pirateria musicale, la diffusione del web e, quindi, l’avvento dei download selvaggi illegali fino ad arrivare allo streaming legalizzato – a pagamento o con massicce dosi pubblicitarie – è impopolare dirlo ma hanno diseducato il pubblico. La musica e tutto quello che gira attorno al prodotto musicale sono stati progressivamente affiancati al concetto di gratuito, come se in un solo istante fossero stati cancellati tutti i costi di produzione, di materie prime, di fasi discografiche, di infrastrutture e macchinari, di ricerca e sviluppo, di remunerazione dei lavoratori del settore e dell’artista, di logistica, di tassazione e oneri solo per citarne alcuni. La musica oltre ad essere diventata liquida sembra essere stata ascritta al paradiso della gratuità, elevata quasi ad un diritto soggettivo di fruizione per assecondare le proprie esigenze primarie di svago e di cultura. Discorso che stranamente non viene percepito per altri prodotti, come ad esempio il libro, a cui si riconosce la funzione e il giusto prezzo nella fase di acquisto. By the way, se fosse veramente così, se uno Stato fosse in grado da solo di sostenere tali oneri vivremmo veramente su Bula Bula, la nostra isola ideale. La realtà è un’altra e, tralasciando alcune operazioni commerciali di indubbio gusto e discutibile elevato prezzo finale di vendita, non dovrebbe destare scandalo e stupore che la musica ha un costo ed è un bene oggetto di acquisto e non di fruizione gratuita. E in questo senso si giustificano i prezzi di vendita dei nuovi prodotti sullo store che devono necessariamente tenere conto della molteplicità di fattori innanzi esaminati. Sull’abbandono del supporto del compact disc, sarà necessario attendere e non dare necessariamente per definitiva la scelta. Il tempo, il mercato, le richieste che perverranno dai consumatori ne stabiliranno la morte o una rinnovata sopravvivenza, come è accaduto per il vinile. Al momento, però, la scelta è coerente con quello che si propone di fare la PDU Music, puntare sulla qualità audio del supporto in vinile e sul futuro nel mondo degli NFT e del metaverso.
Ultima annotazione sollevata al progetto riguarda il possibile ostacolo alla diffusione dei nuovi lavori di Mina, soprattutto per il grande pubblico e i più giovani. Mina ha da sempre rinunciato ad ogni forma di pubblicità, è l’emblema stesso dell’harakiri del marketing promozionale del proprio lavoro, sfugge ad ogni forma autocelebrativa e di réclame. Chi non la conosce, facilmente cadrebbe nell’etichettarla gratuitamente come snob, autoreferenziale e menefreghista del proprio pubblico quando invece è proprio l’esatto contrario. Per lei fare musica, oltre a rispondere ad un istinto innato e geniale, significa entrare in punta di piedi con i propri lavori, lasciando volare libere le proprie canzoni come farfalle senza alcuna imposizione, nella consapevolezza che arriveranno a destinazione, come lei stessa dice, per viali imponenti, ma anche per viuzze piccoline, apparentemente inutilizzabili. Ad ennesima dimostrazione che tutto quello che può essere frettolosamente bollato come scopo di profitto si schianta con azioni o, per meglio dire non azioni, che si dirigono nel senso contrario. Certamente i nuovi lavori non resteranno nell’orticello di un sito ma troveranno degno spazio sui mass media e sui canali ufficiali e, forse, troveranno proprio in ciascuno di noi appassionati di lungo e recente corso il veicolo propulsore di diffusione, quasi novelli ambasciatori di un patrimonio destinato ad arricchirsi a tutto vantaggio delle nostre emozioni. Del resto, come scrive Mina, la musica rimane; tutto passa, tutto muore. La musica no. Ti si pianta nel cuore e non ti abbandona.
Auguri a Mina, a Massimiliano e Milena Pani, a Mauro Balletti e Gianni Ronco, ai musicisti, tecnici e a tutto lo staff che lavora in questa rinnovata Pdu Music. Per Aspera ad Astra, verso un ambizioso futuro che ha tutti i presupposti per brillare nel segno rinnovato dell’eccellenza e della qualità.
Autore: loris