Indovina, indovina cos’è?
No, non sarà Al di là del fiume il terzo singolo estratto da Maeba on air da venerdì 22 giugno. All’ultimo momento il team mazziniano ha deciso in accordo con la Sony di puntare su un altro brano il cui titolo sarà a breve svelato da chi di dovere. Ma il post che Antonio Bianchi ci aveva scritto con largo anticipo sul mancato hit estivo griffato Calabrese-Serafini era troppo bello per rimanere impubblicato. E abbiamo così deciso di proporvelo comunque…
Le radio non hanno scusanti. Impossibile perdonare chi non si accorgerà di Al di là del fiume. Il terzo estratto di Maeba è il singolo perfetto. Ritrae – con una musicalità disarmante, limpida, tersa, immediata e unanime – la Mina del mito. Senza le parzialità, invisibili ai mazziniani, dei due estratti precedenti.
Vale per Volevo scriverti da tanto, intrisa di un bagaglio interpretativo intenso, profondo e adulto. Forse troppo, per un pubblico abituato (da sempre e sempre più) a una maturità da talent show. Una platea ferma all’abbecedario non s’impossessa facilmente di pagine scritte in un italiano evoluto, rifinito, letterario.
Il tuo arredamento ha esaltato i mazziniani di lungo corso, i più attratti dalla Mina sperimentale e giovanilistica. Ma è lecito pensare che il pubblico generico preferisca la prevedibilità, il già sentito, i riferimenti immutabili… Lo testimoniano le interpreti ultraquarantenni più riverite, pavidamente ferme a La Solitudine. Perché mai Mina dovrebbe essere più coraggiosa di loro? Le nuove arrivate, poi, hanno riscoperto stilemi anni ’60. Com’è possibile che la loro maestra sia tanto più avanti?
Al di là del fiume, profumata di Rane Supreme, è paradossalmente ancor più protesa al futuro de Il tuo arredamento: retrocede stilisticamente di trent’anni ma si ricongiunge cronologicamente al repertorio delle nuove interpreti, riproiettando Mina in una contemporaneità condivisa, rassicurante, prevedibile e… radiofonica. Perché per essere melodicamente appetibili, oggigiorno, è bene ingranare la retromarcia.
E ancora: mentre in Volevo scriverti da tanto Mina è più interprete, in Al di là del fiume è più cantante, dispensatrice di un decorativismo incantatore, di una limpidezza metafisica e di una musicalità disarmante. Mina, in questo brano dalla bellezza tenue e discreta, è esecutrice suprema nell’accezione calligrafica, estetizzante e scolastica delle nuove stelline della canzone. Le più brave (penso a Chiara, ad Annalisa…) cantano tutto così, sempre così e solo così. È l’estetica imperante. Perfetta per la modulazione di frequenza. Sempre che i programmatori se ne accorgano.
Un passaggio dopo l’altro, al cospetto di tanta disarmante abbordabilità, anche gli ascoltatori distratti e occasionali – quelli disorientati di fronte il coraggio de Il tuo arredamento o impreparati a metabolizzare la profondità espressiva di Volevo scriverti da tanto – potrebbero finalmente comprendere cosa c’è di più. Basta soffermarsi sulle tenui manipolazioni timbriche, sulla linearità abbagliante di certe note prolungate, sulle finezze di dizione (con le vocali meticolosamente cesellate, in accezione plastica e musicale, con effetti addirittura entusiasmanti), sull’omogeneità delle escursioni di tonalità, sul gioco plastico di aperture e chiusure di volume, sui tocchi di colore (capaci di giocare anche con un sorridente infantilismo, quello che le giovani colleghe, sempre bambine, non sanno evocare), su un’ironica autoindulgenza adulta (che le nuove virtuose, prive di ironia e di vissuto, non potrebbero rappresentare) e su una bravura tanto tangibile ma mai fine a se stessa, sempre attenta a essere sottilmente anche altro.
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