Mentre il meraviglioso Maeba si appresta ad affidare le sue chances di riscossa nelle fiacche classifiche estive al terzo singolo in partenza dal prossimo 22 giugno (tra i tanti titoli ugualmente papabili spiccano la superba Al di là del fiume, la radiofonicissima Troppe note e la funky-jazzeggiante Argini), per il prossimo inverno pare purtroppo allontanarsi – ma mai dire mai… – la possibile uscita di un secondo volume di inediti ma si fa in compenso più concreta l’eventualità di importanti e ambiziose ripubblicazioni attinte allo sterminato back catalogue mazziniano (è di pochi giorni fa una classifica diffusa dal circuito Ibs che vede Mina al settimo posto assoluto – dopo Bach, Ligabue, Mozart, Vasco Rossi, Pink Floyd e Beethoven – tra gli artisti più venduti di sempre con i loro rispettivi “opera omnia”). A tale proposito ci sembra bello riproporvi alcune proposte avanzate a suo tempo dal nostro Antonio Bianchi su come si potrebbe valorizzare al meglio il monumentale patrimonio discografico della Regina della Musica…
di Antonio Bianchi
Da anni invochiamo a gran voce una ricostruzione dettagliata – data per data, brano per brano, master per master – delle sessioni discografiche di Mina, sulla falsariga di quella compilata dalla Bear Family per il CD Heisser Sand. Il riferimento all’etichetta tedesca non è casuale: fuori dall’Italia, è consuetudine stilare una vera e propria “sessiongraphy” per tutti i veri artisti di culto. Vale per Sinatra, vale per Elvis, vale per i Beatles (il libro Otto anni ad Abbey Road ricostruisce addirittura il laboriosissimo lavoro di stratificazione sonora dei loro album post-1965, fra false partenze, rifacimenti in toto, editing, brani esclusi… Una manna), per Tony Bennett, per Aretha e per mille idoli – compresi quelli in attività – discograficamente prestigiosi. Ci sono case discografiche che fanno tesoro di queste informazioni nei “libretti” di imperdibili box che ripercorrono minuziosamente l’intera produzione discografica. Penso agli straordinari cofanetti della Bear Family, ma anche a quelli jazzistici della Mosaic, per non parlare di quelli di musica classica (dalla Deutsche Grammophon alla Decca, dalla Emi Classics alla Brilliant). In Italia, una figura degna di queste ricostruzioni minuziosissime è soprattutto Mina. È vero che l’indagine dettagliata imporrebbe la revisione di dati sino a ora sottaciuti (dalla formulazione in studio di Mina alla Bussola alla pubblicazione tardiva di brani incisi anni prima, come nel caso, noto, di Volami nel cuore). Ma non mi sembra grave. Uno studio di questo tipo, se condotto con rigore, contribuirebbe ad ammantare di ulteriore prestigio una discografia unica, preziosa, da valorizzare passo dopo passo. La si potrebbe compilare rivelando i titoli scartati. O ci si potrebbe limitare ai titoli effettivamente pubblicati, rivelando almeno l’esistenza di versioni alternative. E perché non realizzare un libro curato dalla stessa PDU? O, ancora, perché non affiancare all’operazione un box a tiratura limitatissima – ed extralusso – con una decina di CD che ripercorrano l’intera discografia di Mina servendosi di provini, versioni alternative o leggermente diverse (esistono: penso a L’abitudine o alla recente Il frutto che vuoi)? Non si tratta di inediti ma sarebbero comunque documenti di grande valore storiografico e affettivo (al contrario delle versioni ricantate ad anni di distanza, mai amabili come le originali). Non sarebbe certo un’operazione commerciale, ma si rivelerebbe un modo chic per rivisitare il proprio catalogo e, soprattutto, per prendere le distanze da un mercato discografico che saccheggia i soliti titoli (sempre gli stessi, nelle versioni ritrite), in formule sempre più bieche e commercialmente anemiche. Rivendicare il prestigio e il controllo del proprio catalogo storico è il modo migliore per prendere le distanze dai metodi di una discografia che, per reagire a una (meritata) crisi progressiva, saccheggia, svende e irride i cataloghi storici. Magari per promuovere uno qualsiasi dei nuovi Amici di Maria o delle aspiranti stelle di X Factor (…)”.
(Da Quei cerchi nella mente, fanzine numero 74, 2012)
Autore: loris