Mentre lo splendido Maeba è, a poche ore dall’esordio su iTunes, già al primo posto tra gli album più scaricati in Italia (e nientemeno che 11° nell’analoga classifica spagnola), eccovene le note di presentazione alla stampa come sempre magistralmente redatte da Franco Zanetti…
Qualcuno sostiene che Maeba sia il nome di una principessa polinesiana il cui amore verso un pescatore era ostacolato dal padre di lei. Altri si sono già cimentati, da provetti enigmisti, a cercare di scoprire a quali parole possano corrispondere come acronimo quelle cinque lettere. A noi invece piace pensare che Maeba sia la galassia lontanissima dalla quale partì l’astronave Opera per portare sulla Terra la bianca aliena che, dopo essersi palesata in forma di ologramma sul palco dell’Ariston durante l’ultima serata del Festival di Sanremo, ora ricompare come protagonista della copertina del nuovo album di Mina.
Che Mina sia sempre stata “di un altro pianeta” ne siamo un po’ tutti convinti, in fondo. E questa “alienità” è stata continuamente ribadita dagli ultimi album di inediti da lei pubblicati; album le cui canzoni sono sempre state scelte personalmente dall’interprete, ascoltando con curiosità le centinaia di canzoni che le vengono inviate da autori celebri e da autori sconosciuti, da professionisti della canzone e da semplici dilettanti appassionati. Cose di un altro mondo, appunto, di un mondo migliore, così diverso da quello spesso sciatto e distratto nel quale vive oggi la nostra musica.
Anche “Maeba”, nei crediti del disco, fra i nomi dei compositori e dei parolieri, mescola e alterna nomi notissimi e nomi mai o quasi mai sentiti prima – mentre invece tutti molto riconoscibili sono i nomi dei musicisti che hanno contribuito alla realizzazione delle registrazioni; come fa notare con discrezione Massimiliano Pani, che di “Maeva” è il produttore, “grandi jazzisti e non che si prestano con Mina a tutti i generi musicali che lei chiede loro di suonare”.
Non sono tutte inedite, le canzoni di “Maeva” – e di quelle inedite diremo più avanti. Segnaliamo intanto la presenza di due motivi celeberrimi. Il primo è “Last Christmas” di George Michael, già diventata un classico poco dopo la prima pubblicazione (1986) e poi assurta quasi a simbolo, per quanto malinconico, della scomparsa prematura del suo autore, avvenuta fatalmente proprio nel giorno di Natale del 2016. Per “Maeva” è stata suonata in trio live in studio da Danilo Rea, Massimo Moriconi e Alfredo Golino; cantata in diretta da Mina, è impreziosita dalla slide guitar di Luca Meneghello, dagli archi di Gabriele Comeglio e dai morbidi cori di Massimiliano. Ne risulta una versione veramente “alternativa”, molto jazzy e senza rimandi sonori alle tipiche canzoni di Natale.
Ancora la batteria di Golino e il basso di Moriconi costituiscono la sezione ritmica di “Heartbreak Hotel”: la canzone resa celebre dall’interpretazione di Elvis Presley (fu il suo primo singolo, nel 1956, per la RCA, e anche il suo primo million seller), è resa in studio anche dalla chitarra di Meneghello e dal pianoforte di Ugo Bongianni (i cori sono ancora di Pani) in maniera da ricreare con rigore filologico l’atmosfera sonora originale dei dischi di quegli anni, di quando Mina con il suo primo complesso la cantava nelle balere italiane.
Prima traccia dell’album, primo inedito e anche primo singolo è “Volevo scriverti da tanto”: una di quelle ballad melodiche che colpiscono al primo ascolto per l’emozione che suscitano e l’atmosfera che sanno creare: una di quelle canzoni che hanno bisogno di una grande interprete per esprimersi in tutta la loro pienezza, e aspettano a rivelarsi finché l’hanno trovata.
L’autore della musica è Moreno Ferrara, che tutti conosciamo come uno dei più titolati coristi italiani; l’autrice del testo, che è una struggente lettera ad una persona che forse nemmeno potrà leggerla, è Maria Francesca Polli.
Con “Il mio amore disperato” Mina torna a cantare una musica di Alberto Anelli (autore anche di quella di “L’importante è finire”) e un testo amaro e ironico di Paolo Limiti, forse l’ultimo da lui scritto prima della malattia che ha portato alla sua scomparsa meno di un anno fa). La cadenza di tango è sottolineata dall’arrangiamento di Massimiliano Pani e Ugo Bongianni, che cita volutamente la “Libertango” di Astor Piazzolla nella versione prodotta nel 1981 da Chris Blackwell e Alex Sadkin per Grace Jones.
E’ Federico Spagnoli, già autore per Mina di “Questa donna insopportabile” (in “Selfie”, 2014) e per Mina e Adriano Celentano di “Non mi ami” (in “Le migliori”, 2016), a firmare l’intensa e drammatica “Ti meriti l’inferno”, introdotta dalle tastiere di Ugo Bongianni e, dalla seconda strofa, arricchita dalla batteria di Alfredo Golino, dal basso di Lorenzo Poli e dalle chitarre di Giorgio Cocilovo.
La successiva “Il tuo arredamento” è, come suggerisce Massimiliano Pani, una canzone “incantabile” – ma non per Mina. Franco Serafini allestisce un arrangiamento rock scabro e spigoloso che accompagna la voce cantante in salti melodici rischiosi e acrobatici, mentre s’arrampica su un testo visionario: il brano è del napoletano Zorama, all’anagrafe Mariano Rongo, napoletano del 1973, già componente degli Starlight e dei Deriva, in curriculum collaborazioni con Franco Migliacci e un paio di CD e attualmente componente del trio di rock teatrale LeMUVAZò.
Più tradizionalmente melodica è “Argini”, scritta da un gruppo di professionisti rodati (Marco Ciappelli, abituale collaboratore di Diego Calvetti, col quale ha firmato fra l’altro “Il vento e le rose” di Patty Pravo e “L’amore si odia” per Noemi e Fiorella Mannoia; Francesco Sighieri, spesso autore per Dolcenera e coautore con Calvetti e Ciappelli di “Briciole” di Noemi, la rossa interprete per la quale Emanuele Fontana è tastierista e arrangiatore). Mina fa sua la canzone con piglio deciso, spalleggiata dal sax di Gabriele Comeglio.
Ed ecco la sorpresa di “Maeba”. Si intitola “’A minestrina”, ed è una canzone scritta per Mina da Paolo Conte, che duetta con lei in questo bozzetto delizioso in dialetto napoletano: un incontro fra due protagonisti che non si rubano mai la scena, ma insieme “recitano” da grandi istrioni questo pezzo di teatro domestico intrecciando le loro voci inconfondibili. A fare da sottofondo e accompagnamento tre musicisti dell’orchestra di Paolo Conte che suonano insieme anche nei Manomanouche: al contrabbasso Jino Touche, al pianoforte e al synth Massimo Pizianti, alla chitarra classica Nunzio Barbieri (il miglior chitarrista swing manouche d’Italia).
[Annotazioni statistiche per chi non ha voglia di frugare su Wikipedia:
Era la cronaca di una serata a due anche “Miele su miele”, la canzone di Paolo Conte che Mina cantò nel 1981 in “Salomè”; del cantautore astigiano Mina ha riproposto anche “Azzurro” in “Sì buana”, nel 1986.
Il testo di “’A minestrina” è il sesto scritto a Paolo Conte in quel suo particolare napoletano “non ortodosso”: è stato preceduto da quelli di “Naufragio a Milano” (“Paolo Conte”, il suo secondo album, 1975), di “Spassiunatamente” (“Aguaplano”, 1987), “Ma si t’a vò scurdà” (“Parole d’amore scritte a macchina”, 1990), “Il giudizio di Paride” (unico inedito dell’album degli Avion Travel “ “Danson metropoli” del 2007) e “Suonno è tutt’o’suonno” (“Nelson”, 2010).]
Se non andiamo errati, il testo di Giorgio Calabrese per “Al di là del fiume” è il quarantanovesimo cantato da Mina: non potendo elencarli tutti, ricordiamo soltanto “E se domani”, “Trenodia”, “Chi dice non dà”, “La pioggia di marzo” e i due per brani classici inclusi nel 2009 in “Sulla tua bocca lo dirò…”. Quello di “Al di là del fiume” è uno fra gli ultimi scritti dal grandissimo autore genovese nella sua prestigiosa e luminosa carriera; insieme alla splendida musica scritta e suonata da Franco Serafini dà come risultato una canzone di straordinaria eleganza lessicale e melodica, moderna e classica insieme (di quelle come purtroppo non se ne sentono ormai più), che la voce qui giovanissima di Mina trasforma in un nuovo evergreen.
Ancora Franco Serafini – che quest’anno festeggia i 38 anni di collaborazione continuativa con Mina: ha debuttato nel 1985 firmando “Nei miei occhi” in “Finalmente ho conosciuto il Conte Dracula” – è autore di “Troppe note”, stavolta però non insieme a un monumento della canzone italiana ma a una giovane esordiente (e che esordio!): sua figlia Viola, che ha scritto un testo disinvolto e colloquiale, abilmente adattato alla veloce scansione funky della canzone.
Il primo incontro su disco di Mina con Andrea Mingardi risale al 1986, quando “Ogni tanto è bello stare soli”, firmata dal cantautore bolognese, era stata inclusa in “Sì buana”. Nel 2006 l’exploit, quando, oltre a duettare con Mina in “Mogol e Battisti”, in “Bau” Andrea Mingardi (con Maurizio Tirelli, suo collaboratore di lunga data, fin dai tempi dei Supercircus) firma sette brani su tredici, e da solo è autore anche di un’ottava canzone: il che fa di lui il detentore di un invidiabile record ancora insuperato. In seguito MIngardi e Tirelli hanno dato a Mina quattro canzoni per “Facile” (2009), due per “Caramella” (2010), una per “Piccolino” (2011), oltre a firmare “Amiche mai”, il duetto di Mina con Ornella Vanoni nell’album “Più di me” (2008). Andrea Mingardi e Maurizio Tirelli sono gli autori anche di “Ci vuole un po’ di r’n’r”, undicesima traccia di “Maeba”, in cui Mina aderisce completamente allo spirito del brano dandone una divertita versione robustamente soul / rhythm&blues punteggiata dai fiati di Daniele Moretto (tromba), Andrea Andreoli (trombone) e Marco Scipione (sax) – l’arrangiamento è di Nicolò Fragile.
L’album si chiude, prima di una bonus track che lo chiude coerentemente con l’immagine di copertina, su un’atmosfera completamente diversa: quella elettronica e rarefatta di “Un soffio”, elaborata – arrangiamento, esecuzione e produzione – da Davide “Boosta” Dileo, tastierista dei Subsonica, anche lui non nuovo alla frequentazione con Mina (ricorderete “Non ti voglio più”, contenuta nell’album “Facile”, 2009, e “La clessidra”, contenuta in “Caramella”, 2010). Il testo è opera dello scrittore e paroliere torinese Luca Ragagnin (Subsonica, Garbo, Delta V).
Si chiude così “Maeba”: un album sfaccettato, cangiante, la cui tracklist alterna sapientemente momenti meditativi e toccanti ed episodi vivaci e vigorosi, e che ancora una volta non può che confermare all’ascoltatore la sbalorditiva facilità con cui Mina, e la sua voce sempre freschissima, sanno affrontare senza alcuno sforzo apparente qualsiasi interpretazione.
Mina – lo sappiamo fin dal suo esordio discografico, avvenuto nel 1958, e ogni volta ne abbiamo la riprova – è, davvero, un’aliena sbarcata sulla Terra.
Autore: loris